STAMPA, TORINO, pag.30
Nel Toro contro la Roma erano nove i giocatori provenienti dal vivaio
TORINO. Anno nuovo ma, per quanto riguarda il Torino, storia vecchia: mentre gli stranieri deludono, latitano, vegetano tra un infortunio e l'altro, la fabbrica-campioni del FILADELFIA continua a soccorrere la squadra granata, ad irrorarla di gioventu' talentuosa o almeno volonterosa: insomma, tutto passa pero' non s'esaurisce mai la vena d'oro dei ragazzi cresciuti dietro al pallone nello stadio che vide la leggenda di Valentino Mazzola. L'ultima meraviglia (in ordine di tempo) della miniera FILADELFIA si chiama "partita contro la Roma": tra campo e panchina nove dei sedici granata arrivavano dal vivaio, uno (Benito Carbone) ha segnato il gol del pareggio, un altro (Alberto Bernardi) ha calcato per la prima volta il grande palcoscenico della serie A, un altro ancora (Marco Sesia) ha festeggiato l'esordio pieno dieci anni dopo essere stato iniziato dal Toro al calcio: Marco comincio' tredicenne al FILADELFIA, poi si smarri', e' risorto tra i dilettanti del Nizza Millefonti e il suo tecnico, Gianni Frara, per segnalarlo alla societa' d'origine non trovo' di meglio che rivolgersi a due amici carrozzieri: "Voi che conoscete bene Mondonico convincetelo a prendersi questo ragazzo". Cosi', in un colpo solo l'Emiliano ha battezzato al campionato "piu' bello del mondo" altri due granata. Eppure, questo allenatore capace di far crescere fiori dall'asfalto, con i giovani ci va molto cauto, prima di buttarli nel grande agone... Non e', forse, vero? Il Mondo da' una risposta che e' quasi uno slogan: "Importante non e' lanciarli, importante e' non perderli". Segue la spiegazione: "Ho visto un sacco di ragazzi debuttare e scomparire come meteore, quindi bisogna sempre far le cose con molta misura, magari peccando di prudenza. Dato che ho sperimentato sulla mia pelle che cosa significa essere una meteora, ci vado con i piedi di piombo. L'esordio di Bernardi, oltre che al diretto interessato, rappresenta un premio all'intero nostro settore giovanile: funziona benissimo, e' davvero la nostra miniera". Dalla quale il cauto minatore Mondonico ha estratto l'oro di Dino Baggio, poi svenduto (mettiamola cosi') alla Juventus, e quel luccicante, promettente metallo che risponde ai nomi di Cois, Delli Carri, Sottil, Falcone. Leggendo solo questo piccolo elenco c'e' da domandarsi perche' mai il Torino s'ostini a gettare soldi dalla finestra investendo miliardi per faraonici ingaggi di stranieri: soprattutto considerando che di tutti i giocatori provenienti dall'estero che dall'80 hanno vestito il granata solo uno, Junior, ha davvero fatto la differenza. Tornando al Torino made in FILADELFIA, i 18 punti a meta' campionato sono giudicati dal suo condottiero "bottino giusto, pesante. No, nessun rimpianto: troppo facile recriminare sui punti persi, un po' piu' difficile invece ricordarsi dei punti ottenuti immeritatamente. Siamo ancora in corsa per la zona Uefa, la Coppa Italia e la Coppa Coppe, come pretendere di piu'? Soprattutto considerando la catena d'infortuni e quanto ci sta accadendo attorno...". Malgrado il turbinoso momento, il Toro sta marciando con lo stesso ritmo delle altre stagioni di Mondonico: ha fatto un punto in meno rispetto al primo e al secondo anno quando fini' quinto e terzo, rispettivamente a quota 38 e 43 e uno in piu' del precedente campionato chiuso a 35 punti. Che, comunque, le difficolta' adesso per il mister siano maggiori e' chiaro, lo ammette lo stesso Emiliano con il suo solito dire volutamente fumoso: "Visto il momento, e' anche giusto che sia meno esigente con i ragazzi, che chiuda gli occhi se qualcosina non va, che soppesi di piu' le parole". Mah, ciascuno interpreti come meglio crede.
Claudio Giacchino
Nel Toro contro la Roma erano nove i giocatori provenienti dal vivaio
TORINO. Anno nuovo ma, per quanto riguarda il Torino, storia vecchia: mentre gli stranieri deludono, latitano, vegetano tra un infortunio e l'altro, la fabbrica-campioni del FILADELFIA continua a soccorrere la squadra granata, ad irrorarla di gioventu' talentuosa o almeno volonterosa: insomma, tutto passa pero' non s'esaurisce mai la vena d'oro dei ragazzi cresciuti dietro al pallone nello stadio che vide la leggenda di Valentino Mazzola. L'ultima meraviglia (in ordine di tempo) della miniera FILADELFIA si chiama "partita contro la Roma": tra campo e panchina nove dei sedici granata arrivavano dal vivaio, uno (Benito Carbone) ha segnato il gol del pareggio, un altro (Alberto Bernardi) ha calcato per la prima volta il grande palcoscenico della serie A, un altro ancora (Marco Sesia) ha festeggiato l'esordio pieno dieci anni dopo essere stato iniziato dal Toro al calcio: Marco comincio' tredicenne al FILADELFIA, poi si smarri', e' risorto tra i dilettanti del Nizza Millefonti e il suo tecnico, Gianni Frara, per segnalarlo alla societa' d'origine non trovo' di meglio che rivolgersi a due amici carrozzieri: "Voi che conoscete bene Mondonico convincetelo a prendersi questo ragazzo". Cosi', in un colpo solo l'Emiliano ha battezzato al campionato "piu' bello del mondo" altri due granata. Eppure, questo allenatore capace di far crescere fiori dall'asfalto, con i giovani ci va molto cauto, prima di buttarli nel grande agone... Non e', forse, vero? Il Mondo da' una risposta che e' quasi uno slogan: "Importante non e' lanciarli, importante e' non perderli". Segue la spiegazione: "Ho visto un sacco di ragazzi debuttare e scomparire come meteore, quindi bisogna sempre far le cose con molta misura, magari peccando di prudenza. Dato che ho sperimentato sulla mia pelle che cosa significa essere una meteora, ci vado con i piedi di piombo. L'esordio di Bernardi, oltre che al diretto interessato, rappresenta un premio all'intero nostro settore giovanile: funziona benissimo, e' davvero la nostra miniera". Dalla quale il cauto minatore Mondonico ha estratto l'oro di Dino Baggio, poi svenduto (mettiamola cosi') alla Juventus, e quel luccicante, promettente metallo che risponde ai nomi di Cois, Delli Carri, Sottil, Falcone. Leggendo solo questo piccolo elenco c'e' da domandarsi perche' mai il Torino s'ostini a gettare soldi dalla finestra investendo miliardi per faraonici ingaggi di stranieri: soprattutto considerando che di tutti i giocatori provenienti dall'estero che dall'80 hanno vestito il granata solo uno, Junior, ha davvero fatto la differenza. Tornando al Torino made in FILADELFIA, i 18 punti a meta' campionato sono giudicati dal suo condottiero "bottino giusto, pesante. No, nessun rimpianto: troppo facile recriminare sui punti persi, un po' piu' difficile invece ricordarsi dei punti ottenuti immeritatamente. Siamo ancora in corsa per la zona Uefa, la Coppa Italia e la Coppa Coppe, come pretendere di piu'? Soprattutto considerando la catena d'infortuni e quanto ci sta accadendo attorno...". Malgrado il turbinoso momento, il Toro sta marciando con lo stesso ritmo delle altre stagioni di Mondonico: ha fatto un punto in meno rispetto al primo e al secondo anno quando fini' quinto e terzo, rispettivamente a quota 38 e 43 e uno in piu' del precedente campionato chiuso a 35 punti. Che, comunque, le difficolta' adesso per il mister siano maggiori e' chiaro, lo ammette lo stesso Emiliano con il suo solito dire volutamente fumoso: "Visto il momento, e' anche giusto che sia meno esigente con i ragazzi, che chiuda gli occhi se qualcosina non va, che soppesi di piu' le parole". Mah, ciascuno interpreti come meglio crede.
Claudio Giacchino
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