giovedì 16 aprile 2009

04-05-1999, Bearzot: QUELLA MAGLIA SUL CUORE

STAMPA, TORINO, pag.21

Enzo Bearzot, ex ct della nazionale e giocatore del Toro, ha scritto questo ricordo per "Giglio Amico" e "Panathlon" che hanno celebrato a Firenze il Grande Torino.
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A Torino arrivai nell'estate del '54. Ero reduce da Catania, tre campionati culminati nella prima, storica promozione in serie A. Entrai per la prima volta nel cortile dello STADIO FILADELFIA con un'emozione sottile, era il giorno del raduno, delle presentazioni ufficiali e dei buoni propositi. Ricordo che mi feci largo a fatica tra la gente granata che affollava il cortile, ansiosa di riabbracciare i vecchi giocatori e di far la conoscenza dei nuovi. E senza dir nulla a nessuno attraversai un breve corridoio e imboccai il sottopassaggio: quello da dove sino a cinque anni prima sbucavano Mazzola e Gabetto, Castigliano e Maroso. Era una giornata di luglio, caldissima. Ma io avevo la pelle d'oca. Dal cortile saliva il vociare dei tifosi. Io deglutii a vuoto, diedi un ultimo sguardo panoramico per imprimermi bene i contorni di quell'arena della leggenda e quando entrai in spogliatoio per conoscere i nuovi compagni sentivo gia', dentro di me, che quella squadra, quella maglia non me le sarei piu' sfilate dal cuore. Duro' dieci anni la mia avventura granata. In un'altra squadra avrei certamente smesso prima, dai 35 in su quasi mi vergognavo di farmi ancora vedere in calzoncini: ma l'idea dell'abbandono mi suonava come un tradimento. Oggi a distanza di tanti anni sono il primo a riconoscere la componente di retorica. Ma era inevitabile che ci fosse, li' era nato il grande Torino, li' non aveva mai perso una partita dal giorno della Liberazione a quello della tragedia. Noi indossavamo ancora le maglie di quei fantastici giocatori che il destino si era portati via. Tecnicamente non li avremmo mai potuti eguagliare. Potevamo soltanto provare a esserne degni sul piano della dedizione, della serieta' professionale. Anche del sacrificio, perche' la societa' continuava a scontare i danni economici di Superga e noi i quattrini li vedevamo quando li vedevamo. Anni eroici, da tutti i punti di vista. Fino al '56 il riscaldamento in spogliatoio non c'era. D'inverno ci toglievamo le maglie gelate e zuppe di fango gia' sotto la doccia, tremando dal freddo. Eppure non ricordo un solo compagno che non fosse fiero di dover sopportare questi disagi. Era il prezzo da pagare per tener viva la fiammella di capitan Valentino.

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