giovedì 16 aprile 2009

05-05-1999, Un monumento al Filadelfia L'iniziativa promossa da Aghemo e dalla Fondazione di Novelli

STAMPA, TORINO, pag.30

TORINO Un cielo nero di nuvole e ricco di pioggia e vento assassino' il Grande Torino. E adesso, esattamente mezzo secolo dopo, lo stesso, identico cielo ha guardato il giorno delle celebrazioni del cinquantenario. Acqua sulla cerimonia nella Basilica di Superga: acqua sull'inaugurazione del monumento ai calciatori del Toro innalzato tra le rovine del FILADELFIA. Acqua prima, durante e alla fine della messa solenne in Duomo. Pero' l'amore per il granata, la voglia di ricordare capitan Valentino Mazzola e i suoi Invincibili non sono stati frenati dall'inclemenza del tempo: cosi' tanta gente, al mattino, e' salita al colle dove trovo' la morte il Grande Torino. Torinesi, tifosi venuti da tutto il Piemonte, addirittura un pullman da Pesaro. Migliaia di ombrelli hanno puntinato il sagrato della Basilica gremita da famigliari dei calciatori rapiti dal destino nel momento della maggior gloria, da autorita', da tanti servitori della maglia granata dal '49 a oggi. Dall'Argentina, ecco David Pintado, il presidente del River Plate, la formazione che 50 anni fa venne a Torino per disputare una partita benefica in aiuto ai congiunti delle vittime. E anche il portiere del River di allora, Armando Carrisso: ha riabbracciato Beppe Marchetto che quell'incontro, giovanissimo, gioco' con la maglia granata. La messa, come ogni 4 maggio da cinquant'anni, l'omelia del provicario della Diocesi, don Peradotto, l'omaggio alla lapide del Grande Torino. E, in mezzo, due episodi singolari: durante il requiem, gocce di pioggia hanno cominciato a stillare dentro la chiesa, ma solo sul settore riservato ai parenti degli Invincibili, quasi il cielo piangesse con loro, patisse il loro identico dolore. Fine del requiem e fine del piovere nella navata. Poi, al termine del toccante coro del "Va' pensiero", intonato dalla valsusina Ensemble d'Harmonies, un violento, improvviso scroscio s'e' abbattuto sulla folla per, altrettanto repentinamente, esaurirsi subito. Chissa', forse il cielo ha voluto salutare la conclusione del "Va' pensiero" e del rito dei nomi di Loik, Ossola e compagni chiamati, uno a uno, ad alta voce dal capitano del Toro di oggi, Lentini. Da sempre il 4 maggio e' il giorno della rimembranza, del dolore e della commozione che si rinnovano. Stavolta, e' stato anche il giorno di una promessa, di un segnale d'ottimismo. Al pomeriggio, la' dove sorgeva il FILADELFIA, il mitico STADIO del Grande Torino, e' stato inaugurato il monumento agli Invincibili finanziato dalla Fondazione che e' padrona del terreno. L'inaugurazione ha avuto anche un significato simbolico: la posa della prima pietra del nuovo "Fila" per la cui costruzione l'imprenditore Giuseppe Aghemo ha messo a disposizione 70 miliardi. Sempre sotto il diluvio, in una radura ridotta ad acquitrino, oltre mille persone, i piedi nel fango e incuranti dell'acquazzone, del vento, hanno ascoltato i brevi discorsi ufficiali, hanno visto sul maxischermo il filmato sul Grande Torino, si sono prese in regalo l'" Agenda granata" di Bruno Colombero e Nello Pacifico e hanno inneggiato ad Aghemo, da tutti appellato "Presidente". Lui, il re del pomeriggio, ha taciuto, ha pianto all'elogio di Diego Novelli, presidente della Fondazione: "Il Toro riavra' il FILADELFIA grazie a Giuseppe Aghemo". Nell'acquitrino sono venuti la vedova di uno degli Invincibili, la signora Maroso, un commosso Gigi Radice, il condottiero dello scudetto '76, i suoi giocatori Claudio e Patrizio Sala, le vecchie glorie Agroppi, Puia, Cereser. Alla doppia cerimonia del monumento, inaugurato da Mario Bo, capitano del Toro Anni 30, e della simbolica prima pietra il riconoscimento della Citta', con il discorso di Mauro Marino, presidente del Consiglio comunale. Assente la dirigenza del Torino. Poi, alle 17,30, la messa solenne nel Duomo gremito da autorita' della politica e dello sport (Nizzola, Carraro) e tifosi: folla anche sul sagrato, martellato dalla pioggia uguale a quella del 4 maggio 1949.
Claudio Giacchino

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