giovedì 16 aprile 2009

23-04-1999, TORO AMORE SENZA FINE DA SUPERGA AL RITORNO IN A

TORINOSETTE, TORINO, pag.69

CHI era vivo e pensante, al tempo del Grande Torino - il caso di chi scrive - e ovviamente era ed e' interessato allo sport, entita' di cui il calcio fa comunque parte, viene inquisito, continuamente e in questi giorni di scadenza del mezzo secolo da Superga insistentemente, sul «come mai?» di quella squadra. Come mai era cosi' forte, come mai era cosi' didascalica, come mai il suo STADIO, detto FILADELFIA, era mistico in attesa di farsi mitico. Le domande qualche volta si spostano sul «che cosa sarebbe adesso?»: con richieste, che sono quasi imposizioni, di collocazione teorica di quella squadra nel calcio di questo tempo. E' un gioco inevitabile, per noi testimoni e' un dolce supplizio, ma viene da rispondere, una volta per tutte, che non ci sono risposte. Nessuna regola nella «composizione» di quella squadra, a meno di pensare che il fiuto del presidente Ferruccio Novo possa diventare una regola precisa. Nessun segreto psicologico, quei giocatori granata erano forti e bravi e buoni e onesti perche' si', casomai ci si dovrebbe chiedere come mai non sono tali altri calciatori. Quanto al FILADELFIA, bisogna ricordare che il Grande Torino gioco' splendide partite anche in altri stadi: se magia del FILADELFIA fu, venne bene accompagnata. La verita' e' che non ci sono spiegazioni. Per fortuna. Cosi' possiamo sperare che la bella cosa si ripeta, per qualche ragione miracolosa. Non sappiamo come, quando, se. Speriamo che. Lo speriamo soprattutto perche' il Grande Torino riusci' ad essere grande senza mai esercitare dittatura, infliggere umiliazione, ammollare lezioni. La straordinaria umanita' di quella gente era la vera dote mirabile che la connotava. Ogni tanto, in un empito di ottimismo, arriviamo persino a pensare che quel Toro oggi non solo saprebbe giocare, prese le opportune misure dei nuovi allenamenti, bene come allora, ma riuscirebbe persino ad essere superiore alle suggestioni dell'ambiente, alle luci troppo forti della vetrina, alla cafonaggine del denaro. Sognando questo, sognandola cosi', facciamo alla squadra del nostro amore lontano e vicino quello che e' il massimo omaggio possibile. Tutto il resto rischia di essere melassa di belle frasi, sospiri, rievocazioni. Il mezzo secolo ha una sua forte suggestione temporale, e' insomma una bella cifra per l'impreziosimento dei sentimenti e la conservazione dei ricordi ancora diretti. Un altro mezzo secolo e si approdera' all'antiquariato sentimentale, poi bisognera' stare attenti all'assalto delle tarme. Anche perche', nel faraonico calcio prossimo venturo, la semplicita' favolosa del Grande Torino potra' dare disturbo.
Gian Paolo Ormezzano

Nessun commento:

Posta un commento