Repubblica — 27 gennaio 1995 pagina 29
TORINO - Il derby è stato come una fiammata, dà senso a questa stagione; il giorno dopo per il Torino è il giorno dei lavori e dei valori, dei ricordi di imprese che sembravano dimenticate. Tanti sacrifici, ma anche una classifica migliore del previsto. Sonetti è stato poetico: ' L' ho capito prima che avremmo vinto, quando nello spogliatoio abbiamo fatto, una specie di danza propiziatoria, ballando e cantando. Eravamo un coro' . Più sanguigna la reazione di Rizzitelli: ' Che soddisfazione vendicare la Roma così' . Ma la vittoria contro la Juventus è anche la vittoria di Gian Marco Calleri. Salvò la Lazio, ora sta salvando il Torino: personaggio senza sentimentalismi, dai metodi spicci, dal carattere a volte difficile, rigorosamente comandato dai bilanci, ma vicino a vincere la nuova scommessa. UN derby vinto alla vecchia maniera, un mucchio di valori ritrovati: ma cos' è accaduto, presidente? "E' successo che non è successo niente. Che il Torino non era sparito. Che la rivalità con la Juventus resta viscerale, direi cromosomica. Altro che sinergie". Ma avete concluso tanti affari insieme: non vi volete un po' troppo bene? "Stimare l' avversario non è peccato. E io faccio solo gli interessi del Torino. Forse è cambiata la forma, perchè esiste una cordialità maggiore e poi apprezzo la famiglia Agnelli da sempre. Ma le operazioni di mercato non hanno colore, solo convenienza. Qualche loro dirigente ha dichiarato che ci voleva la Juve per far segnare tre gol a noi: non sarà mica scaduto lo stile bianconero?". Com' è stato il derby di Gian Marco Calleri? "Stranissimo. Fino al 3-2 sono rimasto in sede a giocare a carte. Un occhio al mazzo, un altro alla tv per non morire d' infarto. Sentivo un peso addosso, temevo di non reggere lo stadio. Noi segnavamo. E loro pareggiavano dopo due minuti, un supplizio. Dopo il terzo gol granata ho detto basta, andiamo allo stadio, almeno nel tragitto in auto non vedrò niente, non sentirò niente. Sono arrivato che era già tutto deciso, sono diventato un Boniperti al contrario". Lei è il presidente della rivoluzione: giocatori e dipendenti cacciati, il Fildelfia chiuso. E' strano chiederlo oggi, ma non ha sbagliato niente? "Certo che ho sbagliato, però gli errori coinvolgono altre persone e preferisco non parlarne. Dovevo ribaltare un mondo, la mano pesante è stata un dovere, non uno sfizio". Avete comprato a luglio giocatori venduti a ottobre: perchè? "Qualche sbaglio, appunto. Ma Caricola, Luiso e Bonetti hanno chiesto di andarsene. Che ci potevo fare?". Lei aveva scommesso su Rampanti e l' ha licenziato quasi subito: perchè? "Ho capito in tempo che ci serviva un tecnico con più esperienza. Ecco perchè è arrivato Sonetti". Ci fa un riassunto dei debiti e delle spese? "Quando sono arrivato c' erano cinquanta miliardi in rosso, otto di Irpef da pagare il giorno stesso e oltre quaranta miliardi annui di spese gestionali. Ho versato venti miliardi nelle casse sociali e ne ho ottenuti altrettanti dopo il mercato. Oggi, la gestione costa sedici miliardi a stagione: i polsi non mi tremano più. Il mio obiettivo è prima economico, poi tecnico". I tifosi sono pochi perchè il Torino è debole oppure il Torino rischia di restare debole perchè i tifosi sono pochi? "Intanto, il Toro è più vicino alla salvezza. E questo è un dato di fatto. Purtroppo, le medie-spettatori degli ultimi dieci anni restano tra le più basse d' Italia. E io ho bisogno di soldi, non posso farcela da solo. Se non incasso, sono costretto a vendere almeno un giocatore forte all' anno. Però l' invasione dopo il derby dimostra che l' amore non è finito, dobbiamo solo mantenerlo vivo. Per riuscirci, servirebbe anche uno stadio diverso e meno costoso. Se non raggiungeremo un nuovo accordo sul Delle Alpi, farò giocare il Torino altrove. Non sarebbe un capriccio, bensì una necessità". Lei ha detto: se le autorità cittadine non mi aiutano, venga un altro. "Al sindaco non chiedo assistenzialismo, ci mancherebbe, nessuno mi ha ordinato di acquistare il Toro. E' stata una follia del tutto personale e passionale. Ma l' amministrazione pubblica non deve creare ostacoli, anzi li deve rimuovere. Nessuno può obbligarmi a pagare tot, a spendere tot". Un' altra battaglia a braccetto con la Juventus. "No, non ci siamo. Loro hanno un paio di giocatori che valgono quanto tutto il Torino. E hanno incassi che possono giustificare il Delle Alpi. Noi no". A proposito di stadio: la chiusura del Filadelfia sembra una picconata a storia e memoria. Perchè l' ha fatto? "Per evitare che una tegola caduta all' improvviso mandasse qualcuno all' ospedale o al cimitero e me in galera. E' stata una provocazione. I miei predecessori parlavano di restauri, si riempivano la bocca e non combinavano niente. Io ho fatto il contrario. Così è nata la fondazione pro-Filadelfia. So che servono diciotto miliardi per ridare la vita all' impianto: troviamoli insieme, riapriamolo, ci sto. Ma non lasciatemi solo, perchè qui di lira ce n' è proprio poca". Quanta, per l' esattezza? "Quattordici miliardi di ricavi annui. E devo farci uscire tutto. Capite perchè non posso reggere certi ingaggi? Capite perchè non posso rinnovare il contratto a Silenzi?". E' vero che ha già venduto Falcone al Milan? "Per adesso non ho venduto proprio niente a nessuno". E' vero che Milan, Juve e Lazio l' hanno aiutata per evitare il concorso in bancarotta fraudolenta? "Certo. Mi hanno aiutato con questa frase: complimenti e arrangiati". E' vero che ha minacciato di andarsene se nessuno la aiuterà a far quadrare i conti? "Io voglio che questa sia la mia ultima avventura nel calcio. E che sia lunga. Non sto in paradiso a dispetto dei santi. E chi pensa di potermi tirare i pomodori, oggi o nel duemila, sappia che io me ne andrò un attimo prima".
- di MAURIZIO CROSETTI
TORINO - Il derby è stato come una fiammata, dà senso a questa stagione; il giorno dopo per il Torino è il giorno dei lavori e dei valori, dei ricordi di imprese che sembravano dimenticate. Tanti sacrifici, ma anche una classifica migliore del previsto. Sonetti è stato poetico: ' L' ho capito prima che avremmo vinto, quando nello spogliatoio abbiamo fatto, una specie di danza propiziatoria, ballando e cantando. Eravamo un coro' . Più sanguigna la reazione di Rizzitelli: ' Che soddisfazione vendicare la Roma così' . Ma la vittoria contro la Juventus è anche la vittoria di Gian Marco Calleri. Salvò la Lazio, ora sta salvando il Torino: personaggio senza sentimentalismi, dai metodi spicci, dal carattere a volte difficile, rigorosamente comandato dai bilanci, ma vicino a vincere la nuova scommessa. UN derby vinto alla vecchia maniera, un mucchio di valori ritrovati: ma cos' è accaduto, presidente? "E' successo che non è successo niente. Che il Torino non era sparito. Che la rivalità con la Juventus resta viscerale, direi cromosomica. Altro che sinergie". Ma avete concluso tanti affari insieme: non vi volete un po' troppo bene? "Stimare l' avversario non è peccato. E io faccio solo gli interessi del Torino. Forse è cambiata la forma, perchè esiste una cordialità maggiore e poi apprezzo la famiglia Agnelli da sempre. Ma le operazioni di mercato non hanno colore, solo convenienza. Qualche loro dirigente ha dichiarato che ci voleva la Juve per far segnare tre gol a noi: non sarà mica scaduto lo stile bianconero?". Com' è stato il derby di Gian Marco Calleri? "Stranissimo. Fino al 3-2 sono rimasto in sede a giocare a carte. Un occhio al mazzo, un altro alla tv per non morire d' infarto. Sentivo un peso addosso, temevo di non reggere lo stadio. Noi segnavamo. E loro pareggiavano dopo due minuti, un supplizio. Dopo il terzo gol granata ho detto basta, andiamo allo stadio, almeno nel tragitto in auto non vedrò niente, non sentirò niente. Sono arrivato che era già tutto deciso, sono diventato un Boniperti al contrario". Lei è il presidente della rivoluzione: giocatori e dipendenti cacciati, il Fildelfia chiuso. E' strano chiederlo oggi, ma non ha sbagliato niente? "Certo che ho sbagliato, però gli errori coinvolgono altre persone e preferisco non parlarne. Dovevo ribaltare un mondo, la mano pesante è stata un dovere, non uno sfizio". Avete comprato a luglio giocatori venduti a ottobre: perchè? "Qualche sbaglio, appunto. Ma Caricola, Luiso e Bonetti hanno chiesto di andarsene. Che ci potevo fare?". Lei aveva scommesso su Rampanti e l' ha licenziato quasi subito: perchè? "Ho capito in tempo che ci serviva un tecnico con più esperienza. Ecco perchè è arrivato Sonetti". Ci fa un riassunto dei debiti e delle spese? "Quando sono arrivato c' erano cinquanta miliardi in rosso, otto di Irpef da pagare il giorno stesso e oltre quaranta miliardi annui di spese gestionali. Ho versato venti miliardi nelle casse sociali e ne ho ottenuti altrettanti dopo il mercato. Oggi, la gestione costa sedici miliardi a stagione: i polsi non mi tremano più. Il mio obiettivo è prima economico, poi tecnico". I tifosi sono pochi perchè il Torino è debole oppure il Torino rischia di restare debole perchè i tifosi sono pochi? "Intanto, il Toro è più vicino alla salvezza. E questo è un dato di fatto. Purtroppo, le medie-spettatori degli ultimi dieci anni restano tra le più basse d' Italia. E io ho bisogno di soldi, non posso farcela da solo. Se non incasso, sono costretto a vendere almeno un giocatore forte all' anno. Però l' invasione dopo il derby dimostra che l' amore non è finito, dobbiamo solo mantenerlo vivo. Per riuscirci, servirebbe anche uno stadio diverso e meno costoso. Se non raggiungeremo un nuovo accordo sul Delle Alpi, farò giocare il Torino altrove. Non sarebbe un capriccio, bensì una necessità". Lei ha detto: se le autorità cittadine non mi aiutano, venga un altro. "Al sindaco non chiedo assistenzialismo, ci mancherebbe, nessuno mi ha ordinato di acquistare il Toro. E' stata una follia del tutto personale e passionale. Ma l' amministrazione pubblica non deve creare ostacoli, anzi li deve rimuovere. Nessuno può obbligarmi a pagare tot, a spendere tot". Un' altra battaglia a braccetto con la Juventus. "No, non ci siamo. Loro hanno un paio di giocatori che valgono quanto tutto il Torino. E hanno incassi che possono giustificare il Delle Alpi. Noi no". A proposito di stadio: la chiusura del Filadelfia sembra una picconata a storia e memoria. Perchè l' ha fatto? "Per evitare che una tegola caduta all' improvviso mandasse qualcuno all' ospedale o al cimitero e me in galera. E' stata una provocazione. I miei predecessori parlavano di restauri, si riempivano la bocca e non combinavano niente. Io ho fatto il contrario. Così è nata la fondazione pro-Filadelfia. So che servono diciotto miliardi per ridare la vita all' impianto: troviamoli insieme, riapriamolo, ci sto. Ma non lasciatemi solo, perchè qui di lira ce n' è proprio poca". Quanta, per l' esattezza? "Quattordici miliardi di ricavi annui. E devo farci uscire tutto. Capite perchè non posso reggere certi ingaggi? Capite perchè non posso rinnovare il contratto a Silenzi?". E' vero che ha già venduto Falcone al Milan? "Per adesso non ho venduto proprio niente a nessuno". E' vero che Milan, Juve e Lazio l' hanno aiutata per evitare il concorso in bancarotta fraudolenta? "Certo. Mi hanno aiutato con questa frase: complimenti e arrangiati". E' vero che ha minacciato di andarsene se nessuno la aiuterà a far quadrare i conti? "Io voglio che questa sia la mia ultima avventura nel calcio. E che sia lunga. Non sto in paradiso a dispetto dei santi. E chi pensa di potermi tirare i pomodori, oggi o nel duemila, sappia che io me ne andrò un attimo prima".
- di MAURIZIO CROSETTI
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