ALBERTO MANASSERO
Nell’epoca in cui neanche il più totalitario dei politici evita di pulirsi la faccia riempiendosi la bocca con le parole uguaglianza, integrazione, pari opportunità, a Torino esistono cittadini di serie Ae di serie B. Anche per le strade, non solo allo stadio. I discriminati sono le centinaia di migliaia che hanno a cuore il Filadelfia, proditoriamente rasato al suolo nel 1997 e ricostruito mille volte solo nei discorsi (con netto infittimento degli stessi in odor di campagna elettorale). Neanche dal fiume miliardario delle Olimpiadi 2006 sono caduti gli spiccioli necessari a un’opera di dignità storica, sociale e urbanistica. Strano, no? O forse per nulla, essendo quelli là cittadini soltanto quando fa comodo.
E’uno scandalo, certo. E tante cose sono poco chiare, maleodoranti, sospette. Quantomeno strane. Pur senza reati, per carità: ci bastano quelli della coscienza. La vicenda ipoteche su tutte. Strampalato, benché utile, il fatto che quelle ipoteche - le ipoteche che ora bloccano ogni speranza di ricostruzione - poste dal Fisco per la morosità di Cimminelli, nel 2004-2005 vengano messe e tolte con frequenza ovina e disinvoltura molto osé. Apensare male si fa peccato, tuttavia è umano se nel cuore proprio del 2005 il quasi secolare Toro viene fatto fallire. Molto umano, se il Toro che fallisce è quello che s’è accollato l’ultramilionaria ristrutturazione del Comunale, vitale per le Olimpiadi. Umanissimo pensare male se quelle stesse ipoteche col telecomando diventano da allora inamovibili blocchi di cemento armato al collo del Filadelfia.
Ma di pensare male non ce ne frega nulla. Additar colpevoli ancor meno. A noi preme che anche a Torino torni l’uguaglianza tra i cittadini, che la vicenda Filadelfia si concluda come promesso ben prima della demolizione: ricostruito come buonsenso comanda. Non esiste amnistia migliore. Il passato è passato, così sia: ma lo sotterreremo soltanto sotto la prima pietra del nuovo Fila. E lo sigilleremo solamente con l’ultima.
E’uno scandalo, certo. E tante cose sono poco chiare, maleodoranti, sospette. Quantomeno strane. Pur senza reati, per carità: ci bastano quelli della coscienza. La vicenda ipoteche su tutte. Strampalato, benché utile, il fatto che quelle ipoteche - le ipoteche che ora bloccano ogni speranza di ricostruzione - poste dal Fisco per la morosità di Cimminelli, nel 2004-2005 vengano messe e tolte con frequenza ovina e disinvoltura molto osé. Apensare male si fa peccato, tuttavia è umano se nel cuore proprio del 2005 il quasi secolare Toro viene fatto fallire. Molto umano, se il Toro che fallisce è quello che s’è accollato l’ultramilionaria ristrutturazione del Comunale, vitale per le Olimpiadi. Umanissimo pensare male se quelle stesse ipoteche col telecomando diventano da allora inamovibili blocchi di cemento armato al collo del Filadelfia.
Ma di pensare male non ce ne frega nulla. Additar colpevoli ancor meno. A noi preme che anche a Torino torni l’uguaglianza tra i cittadini, che la vicenda Filadelfia si concluda come promesso ben prima della demolizione: ricostruito come buonsenso comanda. Non esiste amnistia migliore. Il passato è passato, così sia: ma lo sotterreremo soltanto sotto la prima pietra del nuovo Fila. E lo sigilleremo solamente con l’ultima.
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