STAMPA, TORINO, pag.39
I CIMELI DI MAZZOLA E COMPAGNI SONO TORNATI DA IERI A SUPERGA
«Se dovessi scommettere qualche euro sulla questione stadi scommetterei sulla Rube al Delle Alpi e il Toro al Comunale». Dunque, sindaco, lei non punterebbe nemmeno un picco su un nuovo impianto costruito dalla Rube? «Cosa, un terzo STADIO in citta'? No, non esiste, ipotesi assurda». Ancora una cosa: se il Toro andasse al Comunale, come la prenderebbero i residenti della zona? «Non lo so, ma spero bene. Tanto piu' che tutta l'area di piazza d'Armi verrebbe ristrutturata, abbellita e dunque riqualificata e i parcheggi sarebbero sotterranei». Il botta e risposta con Chiamparino dentro la Basilica di Superga: dopo che il primo cittadino ha appena inaugurato il museo del Grande Torino. Museo splendido, come splendida e' stata l'idea di collocarlo la' dove, con la tragedia del 4 maggio 1949, e' nata la leggenda dello Squadrone invincibile, vinto solo dal destino, dalla morte. Idea portata avanti negli anni con la costanza dei puri di cuore, di chi e' animato da una passione e non ha alcun tornaconto economico: parliamo dei soci dell'associazione Memoria storica granata, in primis Franco Ossola e Domenico Beccaria. L'idea s'e' realizzata anche grazie all'interessamento di Renzo Rossino, socio dell'associazione, e alla disponibilita' del priore della Basilica, Simeone Benedetto Marenco. Cosi', ieri alle 15, sotto il solito cielo di ogni 4 maggio che regala pioggia a secchiate, ecco don Aldo Rabino, padre spirituale del Toro, benedire il museo e Chiamparino tagliare il nastro inaugurale, ovviamente granata, come granata e' la cravatta del sindaco, tifoso torinista. Accompagnato dalle signore Maroso e Gabetto, vedove di due degli Invincibli, il sindaco ha preceduto, nella visita ai cimeli che raccontano l'epopea del Grande Torino, una piccola folla. Tra cui spiccavano una gloria dell'ultimo scudetto torinista del 1976, Eraldo Pecci, e un ex presidente, Beppe Aghemo, appena giunto da Crevalcore (provincia di Modena) dove in mattinata era stata scoperta una lapide in memoria dello Squadrone voluta dal locale club di tifosi. Aghemo e' consigliere della societa' i cui vertici, Cimminelli e Romero, sono saliti a Superga soltanto un'ora dopo, per la messa. Una piccola pinacoteca di quadri e disegni del Grande Torino introduce al museo vero e proprio, alla scarpiera con le scarpe da gioco di Gabetto e compagni, scarponi verrebbe da chiamarle, se paragonate a quelle che calzano oggi campioni e gregari della serie A. Davanti alla scarpiera, la divisa da gioco di Ossola, a fianco la valigia da trasferta di capitan Valentino Mazzola, la valigetta recuperata tra i rottami dell'aereo del massaggiatore Cortina. Le teche di legno e vetro sono scrigni di curiosita': c'e' il libriccino sul quale il presidente Ferruccio Novo annotava i costi degli Invincibili, e' aperto alla pagina dedicata a Menti, la grafia piccola, tonda di Novo riporta l'ingaggio per l'anno 1946, 500 mila lire, l'arrotondamento di 50 mila lire, il premio di rendimento di 100 mila e la precisazione: «In caso di vittoria del campionato e' previsto il premio scudetto». Sotto, la firma di Menti. Piu' avanti, autografi dei campioni, loro lettere, la tromba che suonava la carica al FILADELFIA. Il trombettiere era Oreste Bolmida, ferroviere, grande somiglianza, almeno a giudicare dalla foto accanto alla tromba, con il mitico Nereo Rocco, il Paron, che allenera' il Toro dal 1963 al '67. La tromba, che Oreste Bolmida usava sul lavoro per far partire i treni, e' stata donata dal figlio del trombettiere, Carlo, medico dentista. In un angolo, la ruota del carrello dell'aereo: sopra, appese alla parete, le targhette con i prezzi (100 e 250 lire) delle gradinate e del rettilineo di tribuna del Fila ai tempi degli Invincibili, gigantografie della gloria e dell'imponente funerale. Una di queste gigantografie reca l'epitaffio piu' bello che sia stato composto in memoria del Grande Torino, e' di Indro Montanelli: «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede e cosi' i ragazzi crederanno che il Torino non e' morto: e' soltanto in trasferta». Il museo e' visitabile tutti i giorni dalle 16,30 alle 19,30, rimarra' qui sino a quando, forse, sulla radura del FILADELFIA sorgera' il tempio alla memoria del Torino con un piccolo STADIO e la sede sociale. Possibilista, quasi ottimista, Chiamparino: «Il Comune sarebbe disposto a dare un piccolo aiuto> >.
Claudio Giacchino
I CIMELI DI MAZZOLA E COMPAGNI SONO TORNATI DA IERI A SUPERGA
«Se dovessi scommettere qualche euro sulla questione stadi scommetterei sulla Rube al Delle Alpi e il Toro al Comunale». Dunque, sindaco, lei non punterebbe nemmeno un picco su un nuovo impianto costruito dalla Rube? «Cosa, un terzo STADIO in citta'? No, non esiste, ipotesi assurda». Ancora una cosa: se il Toro andasse al Comunale, come la prenderebbero i residenti della zona? «Non lo so, ma spero bene. Tanto piu' che tutta l'area di piazza d'Armi verrebbe ristrutturata, abbellita e dunque riqualificata e i parcheggi sarebbero sotterranei». Il botta e risposta con Chiamparino dentro la Basilica di Superga: dopo che il primo cittadino ha appena inaugurato il museo del Grande Torino. Museo splendido, come splendida e' stata l'idea di collocarlo la' dove, con la tragedia del 4 maggio 1949, e' nata la leggenda dello Squadrone invincibile, vinto solo dal destino, dalla morte. Idea portata avanti negli anni con la costanza dei puri di cuore, di chi e' animato da una passione e non ha alcun tornaconto economico: parliamo dei soci dell'associazione Memoria storica granata, in primis Franco Ossola e Domenico Beccaria. L'idea s'e' realizzata anche grazie all'interessamento di Renzo Rossino, socio dell'associazione, e alla disponibilita' del priore della Basilica, Simeone Benedetto Marenco. Cosi', ieri alle 15, sotto il solito cielo di ogni 4 maggio che regala pioggia a secchiate, ecco don Aldo Rabino, padre spirituale del Toro, benedire il museo e Chiamparino tagliare il nastro inaugurale, ovviamente granata, come granata e' la cravatta del sindaco, tifoso torinista. Accompagnato dalle signore Maroso e Gabetto, vedove di due degli Invincibli, il sindaco ha preceduto, nella visita ai cimeli che raccontano l'epopea del Grande Torino, una piccola folla. Tra cui spiccavano una gloria dell'ultimo scudetto torinista del 1976, Eraldo Pecci, e un ex presidente, Beppe Aghemo, appena giunto da Crevalcore (provincia di Modena) dove in mattinata era stata scoperta una lapide in memoria dello Squadrone voluta dal locale club di tifosi. Aghemo e' consigliere della societa' i cui vertici, Cimminelli e Romero, sono saliti a Superga soltanto un'ora dopo, per la messa. Una piccola pinacoteca di quadri e disegni del Grande Torino introduce al museo vero e proprio, alla scarpiera con le scarpe da gioco di Gabetto e compagni, scarponi verrebbe da chiamarle, se paragonate a quelle che calzano oggi campioni e gregari della serie A. Davanti alla scarpiera, la divisa da gioco di Ossola, a fianco la valigia da trasferta di capitan Valentino Mazzola, la valigetta recuperata tra i rottami dell'aereo del massaggiatore Cortina. Le teche di legno e vetro sono scrigni di curiosita': c'e' il libriccino sul quale il presidente Ferruccio Novo annotava i costi degli Invincibili, e' aperto alla pagina dedicata a Menti, la grafia piccola, tonda di Novo riporta l'ingaggio per l'anno 1946, 500 mila lire, l'arrotondamento di 50 mila lire, il premio di rendimento di 100 mila e la precisazione: «In caso di vittoria del campionato e' previsto il premio scudetto». Sotto, la firma di Menti. Piu' avanti, autografi dei campioni, loro lettere, la tromba che suonava la carica al FILADELFIA. Il trombettiere era Oreste Bolmida, ferroviere, grande somiglianza, almeno a giudicare dalla foto accanto alla tromba, con il mitico Nereo Rocco, il Paron, che allenera' il Toro dal 1963 al '67. La tromba, che Oreste Bolmida usava sul lavoro per far partire i treni, e' stata donata dal figlio del trombettiere, Carlo, medico dentista. In un angolo, la ruota del carrello dell'aereo: sopra, appese alla parete, le targhette con i prezzi (100 e 250 lire) delle gradinate e del rettilineo di tribuna del Fila ai tempi degli Invincibili, gigantografie della gloria e dell'imponente funerale. Una di queste gigantografie reca l'epitaffio piu' bello che sia stato composto in memoria del Grande Torino, e' di Indro Montanelli: «Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede e cosi' i ragazzi crederanno che il Torino non e' morto: e' soltanto in trasferta». Il museo e' visitabile tutti i giorni dalle 16,30 alle 19,30, rimarra' qui sino a quando, forse, sulla radura del FILADELFIA sorgera' il tempio alla memoria del Torino con un piccolo STADIO e la sede sociale. Possibilista, quasi ottimista, Chiamparino: «Il Comune sarebbe disposto a dare un piccolo aiuto> >.
Claudio Giacchino
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