by DON ALDO RABINO ( *Cappellano del Toro )
TS - pag 1 / 11
Sessant’anni e sembra ieri. Sessant’anni di passione, di sofferenze, di affetti stroncati… Quasi nozze di diamante con la storia, prima ancora che con la morte. Sessant’anni di un serpentone di persone che sale in pellegrinaggio per un appuntamento che non può essere dimenticato mai. La gente, con ogni mezzo, con sole o pioggia, si fa presente, quasi a rimpiazzare i parenti dei giocatori caduti a Superga, impossibilitati ad essere sul posto per età o per aver già raggiunto i propri cari.
C’è una domanda che sale dal profondo del cuore di ognuno.
Che cosa si nasconde dietro al mistero di una tragedia infinita che, anziché farmorire, continua ad emettere germogli di vita?
Che cosa pulsa dentro questo Toro spesso messo in liquidazione da tanti e da troppi e che – nonostante tutto – continua a riproporre un’infinita voglia di vivere?
Che cosa provoca la gente di altre terre, paesi e nazioni a salire sul colle di Superga e a domandarsi: «Dov’è il campo di gioco di questa squadra?»...
E che cosa è stata questa squadra da incutere rispetto ed ammirazione nel mondo intero, tanto da essere ricordata come il segno più evidente di un popolo che – oltre a vincere sui campi da gioco – aveva una sola aspirazione: risorgere, tornare a vivere dopo le macerie della guerra?
Sessant’anni di vita si rinnovano quassù, dove si sale a ritemprare forze ed energie fisiche e a ritrovare nuovi stimoli di vita… Sessant’anni di preghiera, perché Superga ha soprattutto il sapore dell’Eucaristia, che è memoria viva del Cristo risorto. Sessant’anni di fede, perché salire a Superga equivale a sondare il nostro cuore, che sempre ripete a se stesso che le persone amate sono solamente assenti ai nostri occhi, ma vive e presenti ed un giorno le ritroveremo.
Che cos’era il Grande Torino? Perché una marea di ragazzi e di giovani ancora oggi ha circondato la Basilica come in un abbraccio, per rendere omaggio a persone scomparse sessant’anni fa? Quelli erano amici veri, capaci di condivisione! Il Grande Torino è stato un mito trainante per una dignità civile da riconquistare, un patrimonio comune della nazione.
SAREBBE bello se i risultati sportivi fossero oggi migliori; se fossimo stati trattati meglio in questo campionato; se fossero riemersi quel tremendismo e quelle radici che un po’ si sono inaridite.
Mi ha fatto tenerezza e commosso un vecchio papà - con a fianco il nipotino - che mi diceva: «Mi piacerebbe, prima di morire, vedere il Filadelfia rimesso a nuovo” »
E che cosa è stata questa squadra da incutere rispetto ed ammirazione nel mondo intero, tanto da essere ricordata come il segno più evidente di un popolo che – oltre a vincere sui campi da gioco – aveva una sola aspirazione: risorgere, tornare a vivere dopo le macerie della guerra?
Sessant’anni di vita si rinnovano quassù, dove si sale a ritemprare forze ed energie fisiche e a ritrovare nuovi stimoli di vita… Sessant’anni di preghiera, perché Superga ha soprattutto il sapore dell’Eucaristia, che è memoria viva del Cristo risorto. Sessant’anni di fede, perché salire a Superga equivale a sondare il nostro cuore, che sempre ripete a se stesso che le persone amate sono solamente assenti ai nostri occhi, ma vive e presenti ed un giorno le ritroveremo.
Che cos’era il Grande Torino? Perché una marea di ragazzi e di giovani ancora oggi ha circondato la Basilica come in un abbraccio, per rendere omaggio a persone scomparse sessant’anni fa? Quelli erano amici veri, capaci di condivisione! Il Grande Torino è stato un mito trainante per una dignità civile da riconquistare, un patrimonio comune della nazione.
SAREBBE bello se i risultati sportivi fossero oggi migliori; se fossimo stati trattati meglio in questo campionato; se fossero riemersi quel tremendismo e quelle radici che un po’ si sono inaridite.
Mi ha fatto tenerezza e commosso un vecchio papà - con a fianco il nipotino - che mi diceva: «Mi piacerebbe, prima di morire, vedere il Filadelfia rimesso a nuovo” »
L’ho guardato in silenzio e dentro di me ho aggiunto: «Anche a me piacerebbe, dopo quasi quarant’anni di vita dedicata al Toro…!».
Caro amico Presidente, hai fatto tanti miracoli in questi anni: hai salvato il Toro dal fallimento, hai tenuto per tre anni la squadra in serie A, hai reso economicamente sana la società. Pochi altri possono vantare simili successi… Ora occorre il miracolo maggiore, per il quale ti sei già esposto… Convoca, agisci, provoca, batti i pugni se è il caso! Ma ricostruisci il Filadelfia, perché, senza ritorno alle radici, non ci può essere storia; senza una casa, non ci può essere famiglia.
Te lo chiede il popolo granata, ed è un segno che la gente del Toro ti vuole bene e ti stima.
Questa è l’impresa che – se realizzata – ti farà passare alla storia.
Ho fiducia che ci salveremo, ma - qualunque sia il finale - voglio dire grazie a Giancarlo Camolese per aver detto sì mettendoci la propria faccia, per lo spirito che ha trasfuso, per la passione Toro che mette in ogni suo gesto. E - comunque andranno a finire le cose – già fin d’ora sono certo che egli sarà la pietra angolare su cui costruire il futuro.
Caro amico Presidente, hai fatto tanti miracoli in questi anni: hai salvato il Toro dal fallimento, hai tenuto per tre anni la squadra in serie A, hai reso economicamente sana la società. Pochi altri possono vantare simili successi… Ora occorre il miracolo maggiore, per il quale ti sei già esposto… Convoca, agisci, provoca, batti i pugni se è il caso! Ma ricostruisci il Filadelfia, perché, senza ritorno alle radici, non ci può essere storia; senza una casa, non ci può essere famiglia.
Te lo chiede il popolo granata, ed è un segno che la gente del Toro ti vuole bene e ti stima.
Questa è l’impresa che – se realizzata – ti farà passare alla storia.
Ho fiducia che ci salveremo, ma - qualunque sia il finale - voglio dire grazie a Giancarlo Camolese per aver detto sì mettendoci la propria faccia, per lo spirito che ha trasfuso, per la passione Toro che mette in ogni suo gesto. E - comunque andranno a finire le cose – già fin d’ora sono certo che egli sarà la pietra angolare su cui costruire il futuro.
Vorrei rivolgermi a qui stat, perché qui stat videat, come dicevano i Romani… Mi sorge spontanea una domanda: ma per il Filadelfia esiste una chiara volontà politica di ricostruzione?
E quali sono i veri intoppi ad un iter che sembra ogni giorno registrare nuove difficoltà? Si levano naturali tanti interrogativi… è possibile ricostruirlo o sono solo chiacchiere? E quali sono i veri ostacoli? È proprio solo questione di soldi? C’è qualcosa che non funziona… Per piacere: diteci la verità! Si faccia o no il Filadelfia, diteci la verità!
Sono sempre stato dell’idea che la gente deve essere il motore capace di fare risorgere il Fila, pagando di tasca propria.
Nel 2011 si celebreranno i centocinquant’ anni dell’Unità d’Italia. Quale migliore occasione per onorare in concreto il Toro di Superga, che ha dato lustro a questa città e ha contribuito a far rialzare la testa all’Italia del dopoguerra, se non quella di rivedere risorgere il più vecchio impianto sportivo di Torino?
Un ultimo pensiero rivolto a quelli che ogni giorno faticano e soffrono per questo colore e questa maglia. Restiamo uniti, remiamo tutti dalla stessa parte, solo incoraggiandoci a vicenda ed avendo ben chiaro che la meta è comune ed il premio è per tutti, sarà possibile ancora una volta risorgere. Superga, ogni anno, ci insegna che – se siamo insieme - nessun traguardo è vietato, neppure l’ennesimo miracolo, anche se tutto sembra giocare contro.
La Madonna venerata in questa Basilica ci guidi a ridare slancio e nuova vitalità a questo Toro.
DON ALDO RABINO
E quali sono i veri intoppi ad un iter che sembra ogni giorno registrare nuove difficoltà? Si levano naturali tanti interrogativi… è possibile ricostruirlo o sono solo chiacchiere? E quali sono i veri ostacoli? È proprio solo questione di soldi? C’è qualcosa che non funziona… Per piacere: diteci la verità! Si faccia o no il Filadelfia, diteci la verità!
Sono sempre stato dell’idea che la gente deve essere il motore capace di fare risorgere il Fila, pagando di tasca propria.
Nel 2011 si celebreranno i centocinquant’ anni dell’Unità d’Italia. Quale migliore occasione per onorare in concreto il Toro di Superga, che ha dato lustro a questa città e ha contribuito a far rialzare la testa all’Italia del dopoguerra, se non quella di rivedere risorgere il più vecchio impianto sportivo di Torino?
Un ultimo pensiero rivolto a quelli che ogni giorno faticano e soffrono per questo colore e questa maglia. Restiamo uniti, remiamo tutti dalla stessa parte, solo incoraggiandoci a vicenda ed avendo ben chiaro che la meta è comune ed il premio è per tutti, sarà possibile ancora una volta risorgere. Superga, ogni anno, ci insegna che – se siamo insieme - nessun traguardo è vietato, neppure l’ennesimo miracolo, anche se tutto sembra giocare contro.
La Madonna venerata in questa Basilica ci guidi a ridare slancio e nuova vitalità a questo Toro.
DON ALDO RABINO
Nessun commento:
Posta un commento