TS - sez.B2
L’ex sindaco ci scrive per «chiarire una volta per tutte la vicenda» dell’ex stadio
Ma i bilanci della sua Fondazione restano un mistero
ALBERTO MANASSERO
TORINO. L’indimenticabile Diego Novelli ci scrive «affinché sia data ai lettori una corretta informazione sulla vicenda Filadelfia». Non cerchiamo di meglio. Prego: «Lunedì scorso davanti al Municipio il sottoscritto non è stato aggredito da nessuno, tanto meno sottratto ad un tentativo di linciaggio. Mentre entravo in Comune per una cerimonia sono stato abbondantemente fischiato con qualche insulto da un gruppetto di tifosi granata che mi attribuiscono responsabilità che non ho». Non le ha? «Ho cercato di parlare con uno dei delegati tifosi fatti accedere alle tribune del pubblico. Questo signore si è rifiutato di parlare con me. Non vedo dove stia il tentativo di linciaggio». Bene, meno male! «Il vecchio Filadelfia, lo ripeto per l’ennesima volta, è stato demolito con le modalità indicate dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali, perché costituiva un pericolo pubblico dato l’avanzato stato di degrado irrimediabile ». Urge piccola interruzione: perché, l’attuale area del Filadelfia è un fiore all’occhiello dello sviluppo cittadino? Certi gusti tetramente austeri sono noti, ma forse così è esagerato. Ed è assolutamente innocua, quell’area? Splendida, certo, come denuncia di 14 anni di prese per il naso.
CARTA CANTA Riprendiamo: «Come presidente della Fondazione avevo ricevuto numerose diffide e ordinanze a provvedere perché in quella struttura trovavano ospitalità immigrati ed era quotidianamente frequentata dai bambini del quartiere con gravissimi rischi. Inoltre ricordo che la copertura della tribuna era in eternit, cosa per la quale avevo già ricevuto sollecitazione dal magistrato per la rimozione e lo smaltimento a norma di legge trattandosi di amianto». Permetta, anche la casa di mia nonna aveva il tetto in eternit, mica l’hanno demolita: chiamasi bonifica. Oppure ristrutturazione, proprio quella che lei si impegnò a fare quando fondò la Fondazione Campo Filadelfia e il presidente Calleri le cedette l’area (ma perché proprio a lei, boh?). Già, nel 1995, con profluvio di aggettivi e dolciumi verbali, la (s)Fondazione aveva nello statuto il fine unico di «far rivivere il Filadelfia, un sogno realizzabile». Non solo. Diceva il progettista, Roberto Renacco, mentre si paventava che almeno (solo?) le curve potessero venire abbattute: «Il fatto che ci sia un vincolo per tutti gli edifici vecchi di oltre 50 anni non significa che non si possa toccare nulla. L’importante è che nella ristrutturazione siano rispettati i canoni architettonici con cui è stato costruito l’impianto... Cercheremo di mantenere lo schema attuale, con le vecchie tralicciature in legno ». E ancora: «Per toccare la struttura muraria è necessaria l’autorizzazione della Sovrintendenza regionale al beni cuIturali». Era metà luglio del ‘95, evidentemente il Fila era un patrimonio architettonico da conservare. Due giri di calendario, 18 luglio 1997, e comincia la demolizione. Però: la demolizione «non è stato quindi un atto inconsulto, ma di responsabilità condiviso da tutti, compresi i tifosi che parteciparono numerosissimi il giorno che iniziò la demolizione alla presenza del sindaco Castellani. Fu una grande festa (sic! Festa tra le lacrime, ndr) attorno alla scultura del compianto Tarantino, e del plastico del nuovo Fila che aveva commissionato il presidente Cimminelli». Come? Cimminelli nel ‘97? Peccato che arrivò nel 2000, al Toro... Mah... In due anni, un monumento che ne ha 70 passa dalla condizione di bene da salvare, perciò salvabile, a rudere irrecuperabile e pericolosissimo. Eppoi, mica per essere sospettosi, ma dove sono le prove di tutto questo: esisteranno, no? Ricordiamo, visto che siamo andati alle radici delle sterpaglie che da 12 anni crescono al posto del Fila, che quando, il 14 novembre ‘95, Tuttosport titolava “E il Filadelfia continua a morire”,Novelli ci spiegava: «Il ritardo nella presentazione del piano di restauro (sottolineiamo RESTAURO, ndr) è dovuto solo a intoppi burocratici, non ci sono problemi. Nella ristrutturazione (sottolineiamo RISTRUTTURAZIONE, ndr) ci ispireremo allo stadio dell’Arsenal e agli impianti di Montecarlo e Oslo che finiremo di visitare entro il mese». Poi: «Sono ottimista, siamo partiti da qualche mese e la data per ultimare i lavori non è certo dietro l’angolo». Già, l’obiettivo era inaugurare il nuovo Filadelfia per il «Cinquantenario di Superga»: abbiamo testè passato il Sessantennale, i settanta non sono... dietro l’angolo. Non trovò i capitali? E allora meglio radere al suolo: perfetto comportamento da amministratore pubblico. Tuttavia, fu la Fondazione a stampare, a firma Diego Novelli e con una certe enfasi graficopubblicitaria, queste parole: «Nel contempo non si deve sottovalutare che vengono attivati investimenti per 50 miliardi di lire e che l’insieme delle attività presenti nel nuovo complesso potrà generare oltre 100 posti di lavoro.
L’ex sindaco ci scrive per «chiarire una volta per tutte la vicenda» dell’ex stadio
Ma i bilanci della sua Fondazione restano un mistero
ALBERTO MANASSERO
TORINO. L’indimenticabile Diego Novelli ci scrive «affinché sia data ai lettori una corretta informazione sulla vicenda Filadelfia». Non cerchiamo di meglio. Prego: «Lunedì scorso davanti al Municipio il sottoscritto non è stato aggredito da nessuno, tanto meno sottratto ad un tentativo di linciaggio. Mentre entravo in Comune per una cerimonia sono stato abbondantemente fischiato con qualche insulto da un gruppetto di tifosi granata che mi attribuiscono responsabilità che non ho». Non le ha? «Ho cercato di parlare con uno dei delegati tifosi fatti accedere alle tribune del pubblico. Questo signore si è rifiutato di parlare con me. Non vedo dove stia il tentativo di linciaggio». Bene, meno male! «Il vecchio Filadelfia, lo ripeto per l’ennesima volta, è stato demolito con le modalità indicate dalla Sovraintendenza ai Beni Culturali, perché costituiva un pericolo pubblico dato l’avanzato stato di degrado irrimediabile ». Urge piccola interruzione: perché, l’attuale area del Filadelfia è un fiore all’occhiello dello sviluppo cittadino? Certi gusti tetramente austeri sono noti, ma forse così è esagerato. Ed è assolutamente innocua, quell’area? Splendida, certo, come denuncia di 14 anni di prese per il naso.
CARTA CANTA Riprendiamo: «Come presidente della Fondazione avevo ricevuto numerose diffide e ordinanze a provvedere perché in quella struttura trovavano ospitalità immigrati ed era quotidianamente frequentata dai bambini del quartiere con gravissimi rischi. Inoltre ricordo che la copertura della tribuna era in eternit, cosa per la quale avevo già ricevuto sollecitazione dal magistrato per la rimozione e lo smaltimento a norma di legge trattandosi di amianto». Permetta, anche la casa di mia nonna aveva il tetto in eternit, mica l’hanno demolita: chiamasi bonifica. Oppure ristrutturazione, proprio quella che lei si impegnò a fare quando fondò la Fondazione Campo Filadelfia e il presidente Calleri le cedette l’area (ma perché proprio a lei, boh?). Già, nel 1995, con profluvio di aggettivi e dolciumi verbali, la (s)Fondazione aveva nello statuto il fine unico di «far rivivere il Filadelfia, un sogno realizzabile». Non solo. Diceva il progettista, Roberto Renacco, mentre si paventava che almeno (solo?) le curve potessero venire abbattute: «Il fatto che ci sia un vincolo per tutti gli edifici vecchi di oltre 50 anni non significa che non si possa toccare nulla. L’importante è che nella ristrutturazione siano rispettati i canoni architettonici con cui è stato costruito l’impianto... Cercheremo di mantenere lo schema attuale, con le vecchie tralicciature in legno ». E ancora: «Per toccare la struttura muraria è necessaria l’autorizzazione della Sovrintendenza regionale al beni cuIturali». Era metà luglio del ‘95, evidentemente il Fila era un patrimonio architettonico da conservare. Due giri di calendario, 18 luglio 1997, e comincia la demolizione. Però: la demolizione «non è stato quindi un atto inconsulto, ma di responsabilità condiviso da tutti, compresi i tifosi che parteciparono numerosissimi il giorno che iniziò la demolizione alla presenza del sindaco Castellani. Fu una grande festa (sic! Festa tra le lacrime, ndr) attorno alla scultura del compianto Tarantino, e del plastico del nuovo Fila che aveva commissionato il presidente Cimminelli». Come? Cimminelli nel ‘97? Peccato che arrivò nel 2000, al Toro... Mah... In due anni, un monumento che ne ha 70 passa dalla condizione di bene da salvare, perciò salvabile, a rudere irrecuperabile e pericolosissimo. Eppoi, mica per essere sospettosi, ma dove sono le prove di tutto questo: esisteranno, no? Ricordiamo, visto che siamo andati alle radici delle sterpaglie che da 12 anni crescono al posto del Fila, che quando, il 14 novembre ‘95, Tuttosport titolava “E il Filadelfia continua a morire”,Novelli ci spiegava: «Il ritardo nella presentazione del piano di restauro (sottolineiamo RESTAURO, ndr) è dovuto solo a intoppi burocratici, non ci sono problemi. Nella ristrutturazione (sottolineiamo RISTRUTTURAZIONE, ndr) ci ispireremo allo stadio dell’Arsenal e agli impianti di Montecarlo e Oslo che finiremo di visitare entro il mese». Poi: «Sono ottimista, siamo partiti da qualche mese e la data per ultimare i lavori non è certo dietro l’angolo». Già, l’obiettivo era inaugurare il nuovo Filadelfia per il «Cinquantenario di Superga»: abbiamo testè passato il Sessantennale, i settanta non sono... dietro l’angolo. Non trovò i capitali? E allora meglio radere al suolo: perfetto comportamento da amministratore pubblico. Tuttavia, fu la Fondazione a stampare, a firma Diego Novelli e con una certe enfasi graficopubblicitaria, queste parole: «Nel contempo non si deve sottovalutare che vengono attivati investimenti per 50 miliardi di lire e che l’insieme delle attività presenti nel nuovo complesso potrà generare oltre 100 posti di lavoro.
Per la copertura delle spese necessarie la Fondazione ritiene molto realisticamente di poter far fronte: a) con autofinanziamento derivante dall’operazione immobiliare (un rigurgito di sincerità? ndr) ; b) con il lancio della pubblica sottoscrizione “un mattone per il Filadelfia”; c) con il contributo di alcuni amici del Filadelfia; d) con il contributo di Enti Pubblici».
I MATTONI. Ancora Novelli, ora. «Con la sottoscrizione “Un mattone per il Fila” si raccolsero 67 milioni e 500 mila vecchie lire. Su nostra proposta chi volle avere di ritorno la quota sottoscritta l’ha ricevuta per un totale di 20 milioni e 200 mila lire. La differenza è stata versata sul conto della Fondazione tuttora esistente in una banca cittadina e ammontante a 204.479 euro che sono a disposizione di chi promuoverà l’eventuale ricostruzione del Fila; altrimenti, a norma di Statuto, verranno versati alla Città». Bene. Anzi, mica tanto: dei 600 milioni stanziati dal Comune per la Fondazione come da delibera del 2 agosto ‘95 qualcuno sa qualcosa? E i 139 e rotti milioni della cessione dell’area alla cimminelliana Sis (che poi rivendette il Fila al Torino Calcio per 750 mila euro: chapeau, che plusvalenza!) se li è fumati l’inflazione? Il totale, occhio e croce, si tradurrebbe in oltre 400 mila euro, senza calcolare gli interessi. Sbagliamo? Sicuramente, ci saranno state spese: giusto? E perché non mostrare questi benedetti conti, che ci sarà mai da nascondere...
E GLI INGENUI «Di tutte le altre vicende seguite in questi anni - conclude l’ex sindaco - sono rimasto totalmente estraneo. Chiederei soltanto un atto di onesta informazione deformata volutamente da ben noti personaggi che fomentano gli ingenui tifosi per fini chiaramente politici. Ringrazio per l’ospitalità scusandomi per la lunghezza, necessaria per chiarire, spero una volta per tutte, la vicenda del Filadelfia per quanto mi riguarda».
I MATTONI. Ancora Novelli, ora. «Con la sottoscrizione “Un mattone per il Fila” si raccolsero 67 milioni e 500 mila vecchie lire. Su nostra proposta chi volle avere di ritorno la quota sottoscritta l’ha ricevuta per un totale di 20 milioni e 200 mila lire. La differenza è stata versata sul conto della Fondazione tuttora esistente in una banca cittadina e ammontante a 204.479 euro che sono a disposizione di chi promuoverà l’eventuale ricostruzione del Fila; altrimenti, a norma di Statuto, verranno versati alla Città». Bene. Anzi, mica tanto: dei 600 milioni stanziati dal Comune per la Fondazione come da delibera del 2 agosto ‘95 qualcuno sa qualcosa? E i 139 e rotti milioni della cessione dell’area alla cimminelliana Sis (che poi rivendette il Fila al Torino Calcio per 750 mila euro: chapeau, che plusvalenza!) se li è fumati l’inflazione? Il totale, occhio e croce, si tradurrebbe in oltre 400 mila euro, senza calcolare gli interessi. Sbagliamo? Sicuramente, ci saranno state spese: giusto? E perché non mostrare questi benedetti conti, che ci sarà mai da nascondere...
E GLI INGENUI «Di tutte le altre vicende seguite in questi anni - conclude l’ex sindaco - sono rimasto totalmente estraneo. Chiederei soltanto un atto di onesta informazione deformata volutamente da ben noti personaggi che fomentano gli ingenui tifosi per fini chiaramente politici. Ringrazio per l’ospitalità scusandomi per la lunghezza, necessaria per chiarire, spero una volta per tutte, la vicenda del Filadelfia per quanto mi riguarda».
Ci dispiace deluderla, ma per chiarire una volta per tutte c’è solo un modo, fare ciò che le chiedono da anni i tifosi del Toro, e noi con loro: mostrare i bilanci della Fondazione Campo Filadelfia. Quella che, le piaccia o no, ha affondato il Filadelfia. Ah, un’ultima cosa: i tifosi non sono poi così tanto ingenui.
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14/05/09 CRONACAQUI TORINO Lo stadio Filadelfia
http://rassegnastampa.comune.torino.it/orazionet/Rassegne/COMUNE%20TORINO/05/94321488.pdf
14/05/09 CRONACAQUI TORINO Lo stadio Filadelfia
http://rassegnastampa.comune.torino.it/orazionet/Rassegne/COMUNE%20TORINO/05/94321488.pdf
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