Repubblica — pagina 25
OSLO - Uno stadio a dimensione del Torino. La società granata sta pensando di preparare i bagagli e traslocare dal nuovissimo e asettico Delle Alpi al vecchio, caro Filadelfia. Roberto Goveani, al rientro della trasferta di Coppa, illustra il suo progetto seduto ad un tavolino di plastica dell' aereporto di Oslo, mentre la figlioletta Mafalda scarabocchia su un album da disegno. E' estremamente chiaro, il presidente. Fa le cifre: "Uno stadio da trentamila si può fare con venti miliardi. E' finita l' epoca di tangentopoli...". E indica anche chi dovrà impegnarsi con lui nell' avventura: "L' idea è costituire una società mista che comprenda anche il Comune ed un imprenditore". E' già deciso chi sarà il privato che lo affiancherà. Del resto quello di Vittorio Savoia da Pinerolo (nessuna discendenza sabauda ma un buon fiuto per gli affari) è un nome che, da tempo, circola come prossimo copresidente. "Ma non è il solo ad essere interessato al Torino - replica con orgoglio Goveani - questa società sino a sei-sette mesi fa non la voleva nessuno e ora, invece, sono nelle condizioni di poter scegliere". Quali sono, invece, i segnali da Palazzo di Città? "Il sindaco Castellani non mi ha fatto promesse. Non si è comportato da politico e questo è molto positivo. Mi ha semplicemente garantito una risposta in tempi brevi". Goveani ha pronti due progetti. "Ma quello che prevede esclusivamente la ristrutturazione non lo prendo nemmeno in considerazione. La capienza rimarrebbe di sedicimila spettatori, troppo poco per le nostre esigenze. I miei sforzi sono concentrati sul secondo progetto: stadio rifatto completamente e capienza portata a trentamila". Meno della metà di quanti ne può contenere il Delle Alpi. "Il nostro bacino di utenza è quello - spiega Goveani - Nel corso di un campionato sforiamo solo tre volte: nel derby e quando vengono a farci visita Milan e Inter. Vorrà dire che in quei casi faremo una scelta di merito privilegiando i tifosi che si sono dimostrati più fedeli". Un progetto sicuramente suggestivo, ma che rischia di impantanarsi nelle sabbie mobili della burocrazia. Il Filadelfia non è forse sottoposto al vincolo delle Belle Arti? "Quel vincolo, però, è stato depositato alla conservatoria dei registri immobiliari - replica Goveani - E questo ci consentirà di muoverci in tempi molto più brevi". E gli spazi esterni allo stadio, le cosiddette vie di fuga, dove li troverebbe il nuovo Filadelfia che, in pieno centro, si fa largo tra le case? "C' è la grande area degli ex mercati generali, occorre solo accelerarne la demolizione". Ultimo intoppo: il Torino non aveva firmato con Comune e Acqua Marcia una convenzione trentennale per giocare al Delle Alpi? "Errore, quel contratto specificava di non utilizzare il Comunale. E noi infatti abbiamo scelto il Filadelfia...". Dopo trent' anni, dunque, il cuore del Torino può tornare a battere al Filadelfia. In Italia sarebbe la prima società di calcio ad avere uno stadio tutto suo, sul modello dei club inglesi. E poi il Delle Alpi, freddo e desolato, è anche difficile da raggiungere. "Un' autentica cattedrale nel deserto. Genoa e Sampdoria, che hanno uno stadio fatto apposta per il calcio, partono ogni anno almeno da più due. Ma per noi tornare al Filadelfia è soprattutto un discorso ideologico".
- dal nostro inviato GESSI ADAMOLI
OSLO - Uno stadio a dimensione del Torino. La società granata sta pensando di preparare i bagagli e traslocare dal nuovissimo e asettico Delle Alpi al vecchio, caro Filadelfia. Roberto Goveani, al rientro della trasferta di Coppa, illustra il suo progetto seduto ad un tavolino di plastica dell' aereporto di Oslo, mentre la figlioletta Mafalda scarabocchia su un album da disegno. E' estremamente chiaro, il presidente. Fa le cifre: "Uno stadio da trentamila si può fare con venti miliardi. E' finita l' epoca di tangentopoli...". E indica anche chi dovrà impegnarsi con lui nell' avventura: "L' idea è costituire una società mista che comprenda anche il Comune ed un imprenditore". E' già deciso chi sarà il privato che lo affiancherà. Del resto quello di Vittorio Savoia da Pinerolo (nessuna discendenza sabauda ma un buon fiuto per gli affari) è un nome che, da tempo, circola come prossimo copresidente. "Ma non è il solo ad essere interessato al Torino - replica con orgoglio Goveani - questa società sino a sei-sette mesi fa non la voleva nessuno e ora, invece, sono nelle condizioni di poter scegliere". Quali sono, invece, i segnali da Palazzo di Città? "Il sindaco Castellani non mi ha fatto promesse. Non si è comportato da politico e questo è molto positivo. Mi ha semplicemente garantito una risposta in tempi brevi". Goveani ha pronti due progetti. "Ma quello che prevede esclusivamente la ristrutturazione non lo prendo nemmeno in considerazione. La capienza rimarrebbe di sedicimila spettatori, troppo poco per le nostre esigenze. I miei sforzi sono concentrati sul secondo progetto: stadio rifatto completamente e capienza portata a trentamila". Meno della metà di quanti ne può contenere il Delle Alpi. "Il nostro bacino di utenza è quello - spiega Goveani - Nel corso di un campionato sforiamo solo tre volte: nel derby e quando vengono a farci visita Milan e Inter. Vorrà dire che in quei casi faremo una scelta di merito privilegiando i tifosi che si sono dimostrati più fedeli". Un progetto sicuramente suggestivo, ma che rischia di impantanarsi nelle sabbie mobili della burocrazia. Il Filadelfia non è forse sottoposto al vincolo delle Belle Arti? "Quel vincolo, però, è stato depositato alla conservatoria dei registri immobiliari - replica Goveani - E questo ci consentirà di muoverci in tempi molto più brevi". E gli spazi esterni allo stadio, le cosiddette vie di fuga, dove li troverebbe il nuovo Filadelfia che, in pieno centro, si fa largo tra le case? "C' è la grande area degli ex mercati generali, occorre solo accelerarne la demolizione". Ultimo intoppo: il Torino non aveva firmato con Comune e Acqua Marcia una convenzione trentennale per giocare al Delle Alpi? "Errore, quel contratto specificava di non utilizzare il Comunale. E noi infatti abbiamo scelto il Filadelfia...". Dopo trent' anni, dunque, il cuore del Torino può tornare a battere al Filadelfia. In Italia sarebbe la prima società di calcio ad avere uno stadio tutto suo, sul modello dei club inglesi. E poi il Delle Alpi, freddo e desolato, è anche difficile da raggiungere. "Un' autentica cattedrale nel deserto. Genoa e Sampdoria, che hanno uno stadio fatto apposta per il calcio, partono ogni anno almeno da più due. Ma per noi tornare al Filadelfia è soprattutto un discorso ideologico".
- dal nostro inviato GESSI ADAMOLI
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