lunedì 30 marzo 2009

21/05/06 - FILADELFIA: NOVELLI SU GRANATISSIMO, L'INTERVISTA INTEGRALE

http://rassegnastampa.comune.torino.it/orazionet/Rassegne/COMUNE%20TORINO/05/45683029.pdf

RememberingDossena ha scritto:
questo è quanto ha detto il signore in questione (mi esento dall'utilizzare aggettivi).
un grazie a 'marat' che ha pazientemente investito quota parte della mattinata nella noiosa opera di ribattitura.
mi piacerebbe si aprisse un dibattito serio al quale potessero intervenire persone informate sicuramente più del sottoscritto (per esempio qui sul forum attendo i vari libero, brontolo, ferrini ed altri stimati forumisti che hanno negli anni sviluppato una certa 'cultura' sull'argomento).
armatevi di pazienza quindi e... buona lettura (se riuscirete a convogliare l'esubero di bile che la vostra cistifellea si accinge a produrre)
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Diego Novelli: “Ora basta, ecco la verità sul Filadelfia” –
di Alessandro Colombo
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D: Onorevole Novelli Lei è considerato dai tifosi granata come il colpevole numero uno per l’abbattimento del Filadelfia., il vero responsabile dello stato nel quale ora versa uno dei più importanti simboli della storia granata. Cosa risponde a queste accuse?
R. Sono state scritte e dette tante falsità da parte di persone dalle quali non me lo sarei aspettato, persone con le quali ho sempre avuto un buon rapporto, e che hanno orchestrato una campagna diffamatoria nei miei confronti per ragioni o per interessi a me oscuri. Mi riferisco a gente come Beccaria, Ossola e tutti coloro che ho aiutato a mettere in piedi il piccolo museo, gente che è sempre stata informata di tutto, persino Bellino, che si è poi messo con la cordata per il lodo Petrucci, è venuto più volte a casa mia, ed è stato uno dei primi a riconoscere che il Filadelfia non stava più in piedi. E’ stata insomma costruita un’orgia diffamatoria, cavalcata da alcuni giornalisti del Tuttosport. Si è parlato della “Sfondazione Filadelfia”, ma quale sfondazione?
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D: Quella dello Stadio Filadelfia forse?
R. Partiamo dal primo atto. Il Filadelfia è stato demolito perché ritenuta una struttura pericolosa, abbiamo ricevuto le diffide dalla commissione di vigilanza, dalla questura, dal Municipio, ci sono le fotografie a documentarlo, non stava in piedi. Io a un certo punto ho corso il rischio di finire in galera, le gradinate erano completamente marce, mettevi il piede sopra e si sfondavano, se qualche ragazzino fosse salito lì sopra, si sarebbe fatto certamente del male. Come possono dire che si poteva ristrutturare?
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D. E la questione della tribuna come la mette?
R. Innanzitutto voglio ricordare che la famosa tribuna non era quella originale, perché la tribuna originale era stata bombardata, in ogni caso restava comunque la tribuna storica del Grande Torino. Questa tribuna era in legno fradicio ed era tenuta su da un’impalcatura fatta di tubi, che i fratelli Pederzoli avevano dato in affitto al Torino, affitto che il Torino non aveva mai pagato. Ad un certo punto i fratelli Pederzoli mi dicono.” Noi vogliamo tornare a casa e togliamo l’impalcatura”, togliere l’impalcatura avrebbe comportato il crollo della struttura, a quel punto gli abbiamo chiesto di darci qualche mese di tempo e dopo l’abbattimento sono venuti a recuperare i tubi senza chiedere una lira per gli anni di affitto. Torno dunque a ripetere che la tribuna era in legno marcio, fradicio, ed era irrecuperabile.
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D. E per quanto riguarda invece il problema del tetto?
R. Il tetto della tribuna era in amianto, Il giudice Guariniello mi disse che era un problema da risolvere. A quel punto ho dovuto fare tutta una procedura, perché per rimuovere l’eternit bisogna fare una pratica, ci vuole una ditta specializzata che dia delle garanzie sia per la rimozione che per il luogo dove il materiale viene depositato. A quel punto cosa dovevo fare? Se io toglievo il tetto, toglievo l’impalcatura e crollava tutto? Ma dico dove siamo? Stiamo scherzando? E le persone che ho citato prima erano al corrente di tutto.
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D. Ma il tetto in eternit era necessario rimuoverlo? Non era possibile applicarvi una vernice speciale come succede per altri casi?
R. Bisognava rimuoverlo, questa era stata l’indicazione delle autorità competenti, E poi perché avrei dovuto verniciare una struttura che non stava in piedi? Non avrebbe avuto senso.
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D. La Sovrintendenza che parte ha giocato in tutta questa vicenda?
R. C’è una lettera del 6 Maggio del 1997 indirizzata alla Fondazione Filadelfia e al Comune di Torino a firma del sovrintendente Pasquale Bruno Malara e controfirmata dall’incaricato dell’istruttoria, architetto Daniela Biancolini, con cui si da atto della situazione di irreversibile degrado di larga parte della struttura ed esprime parere favorevole alla conservazione di alcuni settori architettonici individuati, come le curve su via Filadelfia e via Spano, il nucleo centrale della tribuna con tutto il blocco scala, la zona di ingresso su via Filadelfia.Tutti i particolare architettonici che ci è stato richiesto di conservare sono stati conservati. La tribuna in legno non è mai stata menzionata dalla Sovrintendenza anche perché, come ripeto, era marcia e da anni era retta da un’impalcatura di tubolari, mentre il tetto era in eternit in disfacimento che andava rimosso. Tutto è documentato, come può anche testimoniare l’ingegner Quirico del Comune.
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D. E quindi si è proceduto alla demolizione
R. A questo punto si. Abbiamo speso 300 milioni per la demolizione e teniamo presente che il giorno dell’inizio della demolizione c’erano tutti i tifosi granata, non lo abbiamo fatto di nascosto.
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D. Si, ma voi avevate presentato un progetto di ricostruzione con tanto di data di inaugurazione fissata al 4 maggio del 99
R. Noi no, il Torino Calcio lo aveva presentato, io non potevo ricostruire. Noi come Fondazione avevamo espresso un auspicio a che il Filadelfia si inaugurasse per il cinquantenario, ma la ricostruzione spettava al Torino Calcio.
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D. Ho capito, ma dire ai tifosi “Lo abbattiamo per ricostruirlo” e diverso dal dire “Lo abbattiamo e basta”
R. Questo si, ma indipendentemente dai tifosi, la demolizione doveva essere fatta perché imposta dalla legge sulla sicurezza.
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D. Dunque Onorevole in conclusione Lei dice che con c’era nella maniera più assoluta la possibilità di recuperare la struttura. E’ così?
R. Assolutamente si. Insomma cosa dovevo fare io? E’ assurda la montatura che è stata creata per denigrarmi. Io ho salvato il Filadelfia, l’ho salvato perché Calleri aveva deciso di liberarsene, me lo disse una sera a cena, mi disse “ Basta, non ne posso più, mi devo liberare del Filadelfia”, a quel punto gli proposi la costituzione di una fondazione per la ristrutturazione dello stadio, perché inizialmente non sapevo che doveva essere abbattuto.
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D. Dunque le sue intenzioni inizialmente erano di ristrutturare il Filadelfia?
R. Inizialmente si, poi abbiamo verificato come le ho detto che non si poteva fare da un punto di vista tecnico.
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D. Proseguendo?
R. Proseguendo abbiamo costituito la Fondazione con gente qualificatissima come Gianpaolo Ormezzano, don Aldo Rabino, Giancarlo Caselli, Gianmaria Rosignolo ed altri. Poi Calleri se ne va e arrivano i genovesi: Vidulich, Palazzetti e Regis e comincia una campagna, cavalcata da Tuttosport, che se la prende con la Fondazione perché la Fondazione non passa il bene del Filadelfia al Torino Calcio di questi tre personaggi. Noi a quel punto diciamo che siamo disposti a cederlo, purché ci vengano date garanzie della ricostruzione del Filadelfia da parte del Torino Calcio. Sono stato accusato di volermi tenere il giocattolo, che volevo farmi la campagna elettorale, teniamo presente che io politicamente ero sul viale del tramonto. Io non volevo invischiarmi più di tanto, tanto è vero che quando Cimminelli venne a Montecitorio, assieme al suo direttore di fabbrica Marangiu, a propormi di fare il presidente del Torino Calcio io dissi di no, perché volevo rimanere dentro la Fondazione, ma non volevo essere coinvolto oltre, e a quel punto nominarono Romero.
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D. Mi permetta una piccola digressione: l’Associazione Memoria Storica Granata ha denunciato il fatto che durante la demolizione sono stati buttati nei cassonetti e quasi dati alle fiamme, tutta una serie di cimeli, come i documenti risalenti al 1906, le scarpe, i gagliardetti, lettere e che sono stati salvati in extremis
R. Tutto falso, sono andati a recuperarli su mia indicazione, sono venuti a casa mia Beccaria, Thani, il medico oculista Giardino e altri e li ho autorizzati io, e per parecchi sabati sono andati a recuperare le cose. Quindi hanno recuperato grazie a me e soprattutto non durante la demolizione, ma almeno un anno prima.
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D. Facciamo ancora un passo indietro. Dopo la costituzione della Fondazione avete fatto un consiglio di amministrazione e avete lanciato la sottoscrizione del mattone, che è un altro aspetto della vicenda piuttosto controverso
R. La storia del mattone è un’altra falsità enorme. Noi abbiamo raccolto 60 milioni di vecchie lire e abbiamo spiegato che chi voleva indietro i soldi – lo abbiamo pubblicato più volte su Tuttosport – non aveva da fare altro che farne richiesta telefonica. Tra i sottoscrittori, fino ad oggi, solamente 15 hanno fatto richiesta di restituzione,
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D. Di che cifre parliamo?
R. Questo non so dirlo di preciso, ma credo che si tratti di entità da cento mila lire, non ci sono i grossi sottoscrittori, tipo quelli che sottoscrissero 10 mattoni, che hanno chiesto indietro il denaro
D. E il denaro raccolto adesso dov’è?
R. E’ depositato presso la banca Brignone di Torino. Attualmente in banca noi abbiamo circa 400 milioni di lire, che sono totalmente vincolati e che sono il frutto dell’operazione con Cimminelli. Non dimentichiamo inoltre che noi abbiamo pagato tutta una serie di debiti.
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D. Per esempio?
R. Un esempio è quello dell’ex arbitro Bonetto il quale ha preteso dalla Fondazione una liquidazione perché lui ai tempi di Calleri era amministratore della Società Civile Campo Torino, che era proprietaria del terreno. Noi abbiamo dato a questo signore alcune decine di milioni di liquidazione, E poi avevamo fatto tutta una serie di operazioni come l’affitto di spazi esterni per la pubblicità. Avevamo cercato insomma di gestire al meglio questo patrimonio che adesso si trova in banca
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D. E con questo denaro che cosa intendete fare?
R. Io ho contattato il curatore fallimentare prof. Pietro Angelo Cerri per acquistare in blocco le coppe del Torino Calcio . Lui mi ha risposto che il patrimonio non sarà smembrato o disperso e che mi terrà informato non appena acquisirà gli elaborati peritali, quindi non appena i periti gli comunicheranno il valore commerciale complessivo di queste coppe, noi come Fondazione li compriamo
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D. Proseguendo c’è un’altra questione interessante: il Comunale. Come è andata?
R. L’opzione Comunale nasce da un colloquio tra me e Domenico Carpanini, io dissi a Carpanini che era assurdo rifare un terzo stadio da 40 o 50 mila posti per il Filadelfia, avere il Delle Alpi, il Comunale e il Filadelfia era troppo. Allora Carpanini manda avanti l’idea del Comunale per il Torino, il Delle Alpi per la gi**e e il ridimensionamento del progetto del Filadelfia che sarebbe dovuto diventare uno stadio della memoria con 4 o 5 mila posti, con l’impegno a spese del Torino Calcio. Inizia dunque la trattativa tra Comune e la giu***tus e Comune e Torino e non dimentichiamo che nell’atto di cessione della Fondazione alla Sis di Cimminelli, c’è la clausola che dice che qualora lui non ricostruisca il Filadelfia, il terreno torna alla Fondazione.
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D. Ma onorevole, parliamoci chiaro, è vero o no che si vuole costruire sul terreno del Filadelfia? C’è o no una speculazione edilizia dietro?
R. Altra confusione, altra falsità; il campo del Filadelfia è una cosa, il terreno vicino al Filadelfia è un’altra cosa (il campetto di allenamento ndr), il terreno vicino al Filadelfia è della Recchi, è area privata, non c’entra niente con il Torino Calcio. Chi dice che si vuole costruire sul terreno del Filadelfia dice il falso. L’unica cosa che si può dire è che il Comune poteva evitare di dare alla Recchi la variante, cosa che ho sostenuto e che avrebbe fatto in modo che la Recchi avesse un terreno che valeva una decima parte di quello che vale adesso, in quel modo il Torino avrebbe potuto acquisire quel terreno, tant’è che era stata avviata da parte nostra una trattativa con la Recchi per acquisirlo.
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D. Il 19 Dicembre 2002 la Sis di Cimminelli cede al Torino Calcio di Cimminelli il Filadelfia. Perché questa operazione?
R. Cimminelli mi chiese di cedere alla Sis il Filadelfia poiché ai fini del bilancio del Torino Calcio conveniva tener fuori dal bilancio stesso questa operazione patrimoniale, perché avrebbe sbilanciato e creato dei problemi per la questione dei parametri, così mi dissero i legali del Torino. Poi scoppia la polemica, si comincia a dire che io avevo favorito la Sis e non il Torino Calcio, così intervengo sul Sindaco e l’apparato comunale affinché dicano a Cimminelli di passare il terreno al Torino, anche perché c’era una permuta di terreni dell’ex Chinino che il Comune cedeva a Cimminelli il quale poi li cederà alla Bennet
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D. Poi il Torino di Cimminelli fallisce
R. Non è esatto, il Torino di Cimminelli è stato fatto fallire
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D. Chi lo ha fatto fallire?
R. Le Banche e la Figc di Carraro e Ghirelli. Cimminelli aveva messo a disposizione un patrimonio di 150 miliardi e non gli hanno dato una fideiussione da 30 miliardi, e il Torino era in serie A, ma dove siamo? Perché? Perché c’era l’interesse a far fallire il Torino Calcio, a cominciare dalla Fiat, la quale intendeva liberare Cimminelli dal Torino, perché Cimminelli aveva tutti gli impianti di Napoli che producevano i pezzi per la nuova macchina che doveva uscire, mi riferisco ovviamente alla Grande Punto. Se Cimminelli fosse andato in malora la Fiat sarebbe andata incontro a grosse difficolt, e non a caso la Fiat gli mette un illustre avvocato per sganciarlo da Toro e salvare la Ergom. Pallenzona dell’Unicredit era disposto a dare il 50% della fideiussione, perché Salza non ha dato l’altro 50%? Il Torino Calcio di Franco Cimminelli è stato fatto fallire
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D. Visto che si parla di Fiat, la gi**e in tutta questa vicenda che parte ha giocato?
R. La giu***tus ha giocato la parte storica che ha sempre giocato: la prepotenza.
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D. Ma alla fine secondo Lei questo Filadelfia si farà o no?
R. Partiamo subito con il dire che l’area Filadelfia sarà inedificabile da qui all’eternità. Io ho un impegno con Chiamparino e Montalbone, è un impianto in più per la città. C’è un interesse storico, politico, culturale e morale. Le accuse di speculazione edilizia sono infondate, in mala fede.
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D. Lei in definitiva non ritiene di dover fare autocritica?
R. Io non credo, qualcuno mi dica dove ho sbagliato e mi ricrederò. Io non potevo fare nulla di diverso da quello che ho fatto.
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D. Ai tifosi che cosa si sente di dire?
R. Che sono profondamente amareggiato per tutto quello di infamante è stato detto su di me.

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