mercoledì 12 ottobre 2011

12/10/11 - Cairo: « Stadi: Toro come la Juve»

TORO IL PATRON FESTEGGIA LE 100 VITTORIE CON UN REGALO
CAIRO «Presto vedrò Fassino: il Filadelfia deve spiccare il volo E sull’Olimpico non vorrà trattarci diversamente dai bianconeri»

ALBERTO MANASSERO

PRESIDENTE Cairo, a Ve­rona la sua 100ª vittoria. La più memorabile?
«Torino-Mantova 3-1, non c’è scelta. La più esaltante, anche la più bella: in rimonta dopo il ko dell’andata, davanti a 60mi­la tifosi, la promozione in A a 9 mesi dal fallimento e dalla ri­nascita. Straordinaria, indi­menticabile, mi vengono anco­ra i brividi. Tuttavia, devo an­che dire che quasi quasi quel successo mi ha danneggiato. Mi ha fatto credere di saper fa­re calcio. Guarda caso, ci pen­savo proprio stamane (ieri mattina, ndr) mentre mi face­vo la barba: nelle mie attività ho fatto alcune cose importan­ti sempre mantenendo i piedi per terra, il calcio invece ti fa volare... E’ stata la prima volta in cui mi sono creduto più di quanto in realtà non fossi».
La più sofferta?
«Roma-Torino, con gol di Muz­zi e salvezza. Tre punti molto difficili, una sofferenza lun­ghissima con rete in avvio, as­salto giallorosso, due pali...».
La vittoria più importante?
«Ancora il primo anno, ancora sul Mantova ma nel ritorno del campionato: era un momento difficile, con 3 sconfitte, 7 pa­reggi e un solo successo in 11 giornate. Riprendemmo il vo­lo, da quel 2-0 infilammo nove vittorie in 10 partite. Se voglia­mo, altro colpo di questo tipo fu quello sul Grosseto col ritorno in panchina di Colantuono».
La più brutta?
«Non ho dubbi: 1-0 a Gallipoli».
E’ appena entrato nel 7° an­no di presidenza: per i ma­trimoni è quello della crisi, per Cairo e il Toro pare il contrario. Sarà l’anno del ri­cominciamo?
«Siamo in una fase molto posi­tiva, nel quale arrivano risulta­ti legati alle scelte fatte e al la­voro svolto da tutti. C’è un buon gruppo, che segue con di­sciplina ed entusiasmo Ventu­ra. In questo Toro vedi l’im­pronta di gioco, vedi l’insieme che sopperisce alle assenze, ve­di la squadra. Io però non mi esalto più. Gioisco, ma ho qual­che ferita, qualche cicatrice an­che nell’anima che mi hanno insegnato e mi ricordano cos’è il calcio. Che è veramente fat­to di una chimica molto sottile, tutto va perennemente ricon­fermato. Ho però sostegni im­portanti, come certe immagini che ti dicono tanto, persino più delle vittorie. L’ultima: a Vero­na, a 10’ dalla fine abbiamo perso palla, ebbene immedia­tamente due o tre dei nostri si sono lanciati per rimediare, quasi famelici. Una roba fanta­stica, da squadra vera, da gruppo. Poi, ribadisco, siamo appena alla 9ª giornata...».
E si può migliorare?
«Si deve. Lo dice Ventura che siamo al 70%, il cento per cen­to va raggiunto. Tutto resta an­cora da fare».
Con i tifosi è comunque in atto un ricominciamo.
«Io penso che i tifosi, anche chi mi contesta, aspettino solo il momento di poter ritrovare un certo rapporto pure con me».
Una cosa che non rifareb­be?
«Più di una... Non darei maga­ri troppa importanza a quello che pensavo di poter fare io per la squadra. In effetti avrei do­vuto ascoltare prima i vostri suggerimenti e costruire subi­to una struttura: non averlo fatto è stato un fattore negati­vo che rimpiango».
E’ il momento più felice del­la sua avventura granata?
«Questo è un periodo in cui vi­vo con una certa serenità. Mi sento ben rappresentato dalle persone che ho scelto, ho fidu­cia in loro, a cominciare da Ventura, da Comi, Petrachi, Ferri. Senza dimenticare i gio­catori. Sento di avere uomini che fanno bene la loro parte».
Le prossime 100 vittorie bi­sognerebbe...
«...Farle in tempi un po’ più ri­stretti, eh... Battute a parte, pensiamo ai prossimi sei mesi, sono fondamentali. Dobbiamo proseguire sulla strada intra­presa, passo dopo passo, conti­nuare a poggiare mattone su mattone. Vale per la squadra, vale per me, per noi: dagli os­servatori al vivaio; dal grande lavoro che c’è da fare nella città agli stadi. Il Filadelfia adesso deve partire, tutto è ormai pronto, diamo un’accelerata. Non accontentarci, è l’impera­tivo: se non continui, non vai avanti, tutto è fine a se stesso, non serve a niente».
La rete osservatori langue.
«Abbiamo preso Cavallo, pre­sto arriveranno gli altri e com­pleteremo la struttura per ren­derla operativa e collegata al vivaio e alla prima squadra».

Il Fila?
«Deve spiccare il volo e vi dico che vorrei dare un contributo maggiore di quanto previsto quale parte della Fondazione».
Uhm... Soldi... Una notizia...
«Sto provando a vedere cosa posso fare per dare una mano in più, non dico altro».
Concretamente esiste la possibilità che il Toro faccia uno stadio tutto suo?
«Lo stadio del Torino è, di fatto, l’Olimpico. Non posso pensare che la città possa avere un 4° stadio... Il problema è che l’O­limpico ha delle qualità inne­gabili, però nell’ottica di un im­pianto polifunzionale ha difet­ti importanti: è molto carente come stadio di proprietà. La priorità è il Filadelfia, presto però mi incontrerò col sindaco per stabilire cosa fare e come anche sull’Olimpico. Già ho sentito l’assessore Gallo. Non precorriamo i tempi, ma per­ché non pensare che ci sia la volontà di dare al Torino un trattamento equiparato a quello della Juventus? Magari c’è. Quando avevo parlato con Fassino l’avevo trovato molto disponibile, quindi mi auguro si possa lavorare in tal senso».

Fila, stadio: i tifosi sognano.
«Non corriamo, ma la volontà, come ho detto, è di non accon­tentarci, è di continuare a co­struire ».

Dicono che la Fiorentina pensi a Iori per gennaio.
«Non esiste, Iori è un pilastro di questo Toro. E non è tempo di mercato. Piuttosto, lasciate­mi dire due parole sulla terri­bile tragedia di domenica sera. Ci ha sconvolti, siamo addolo­rati ma ci sentiamo inermi, purtroppo non possiamo fare nulla benché vorremmo tanto, al di là del minuto di silenzio, poter fare qualcosa e qualcosa faremo».

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