giovedì 24 marzo 2011

24/03/11 - Ombre sul Filadelfia

L’ottimismo dei politici stride con alcune incongruenze

Lunedì dal notaio per la Fondazione: ma qualcosa non torna

Due presunte anomalie: una legata al numero di membri del CdA e l’altra al riconoscimento giuridico. C’è il rischio di uno stop

STEFANO LANZO ALBERTO MANASSERO

TORINO. Tutti quanti si fanno belli, specie tra i politici - in Ita­lia, si sa, c’è sempre un’elezione da qualche parte - sulle mace­rie del Filadelfia. Ed è facile ab­bellirsi se lo sfondo è quello sfa­scio. Quella discarica a cielo aperto, quello sfregio al volto della cultura, del buonsenso e delle Belle Arti (ricordiamo che su quel monumento c’era il vincolo, sparito dalla sera alla mattina all’atto dell’abbatti­mento giacché restaurare «il Filadelfia sarebbe stato come voler conservare una nonna e trasformarla in Alba Parietti... », come disse l’archi­tetto Biancolini, funzionario della Sovrintendenza, l’1 set­tembre 2003 dì in cui presenta­rono il progetto dell’Olimpico... Ragionamento - proprio da Belle Arti - in base al quale si potrebbe radere al suolo pres­soché tutto, dal Colosseo alle piramidi). Si fanno belli più che altro con promesse, parole, de­nunce che durano quanto i giornali, dalla sera alla matti­na o viceversa. Negli ultimi tempi, va anche riconosciuto, qualcosa di concreto è stato fat­to: sotto l’assessorato di Giu­seppe Sbriglio, il Comune è riuscito a togliere le ipoteche, il più pesante impedimento alla ricostruzione. Ma ora temiamo che si sia tornati alla solita sol­fa del nulla rivestito di niente ma spacciato per tutto.

LEGGE CAMBIATA
Per ca­rità, la scelta di costituire una Fondazione che aggreghi tutte le componenti che hanno a cuore la ricostruzione o hanno interessi legati a essa è lodevo­le. Per carità, i passi burocrati­ci vanno rispettati e così i rela­tivi tempi. Per carità, la gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Però, proprio il rispetto delle norme burocratiche, la neces­sità di essere inattaccabili sul piano legislativo in modo da non sprecare di nuovo tutto, in­somma l’assoluto bisogno che ogni cosa venga svolta con la massima cura e nei modi leci­ti e giusti, ci inoculano il sospetto che sul cadavere polve­rizzato del Filadelfia sia rico­minciato il macabro balletto degli interessi personali e/o di partito e/o di schieramento e/o delle dilazioni per mancanza di volontà, di soldi, di affari. Perché? Perché da quanto ci ri­sulta, e malgrado i sorrisi a trentadue denti con i quali ci annunciano che ogni cosa pro­cede spedita verso la ricostru­zione, la Fondazione rischia di partire restando ferma al palo. Il problema è normativo. Lo statuto della Fondazione ap­provato nel 2008 come allega­to di una delibera comunale è in conflitto palese con quanto prevede la legge sulla costitu­zione delle fondazioni, che è stata modificata nel 2010. Non è colpa di nessuno se lo statu­to, antecedente, non rispetta i canoni richiesti, che sono venu­ti dopo: ma perché non è stato modificato così da adeguarlo?

LE MODIFICHE
Dunque: la Legge del 2010, all’articolo 6 comma 5, impone che i mem­bri del CdA delle Fondazioni debbano essere al massimo 5. Il che cozza con quanto stabili­to dallo Statuto, il quale preve­de all’articolo 10 comma 1 che «il Consiglio di Amministrazio­ne della Fondazione è compo­sto da un minimo di 9 a un massimo di 13 membri, su de­terminazione del numero da parte del Collegio dei Fondato­ri ». Non è un cavillo, una baz­zecola, dato che poche righe sotto, sempre la Legge del 2010 recita che «la mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabi­lità erariale e tutti gli atti adot­tati dagli organi degli enti e de­gli organismi pubblici interes­sati sono nulli». La Fondazione - il cui Statuto si allontana dal­la Legge anche in altri passi ­non può nascere o nasce mor­ta, nel senso che nessun atto può fare visto che ogni suo atto sarebbe nullo. La domanda che sorge non è retorica: Sbri­glio, qualche settimana fa, ha fatto approvare dal Consiglio Comunale la modifica dello Statuto per allungare i tempi disponibili per reperire i fondi da 12 a 18 mesi. Perché non si è provveduto anche ad appro­vare le modifiche necessarie ad adeguarsi alla Legge? Modifi­che ben più sostanziali, anzi vi­tali. Inoltre, tra i requisiti af­finché la Fondazione ottenga il riconoscimento giuridico «oc­corre produrre una certificazio­ne bancaria attestante una di­sponibilità economica che con­senta il perseguimento dello scopo statutario (...) individua­ta (...) in euro 77.468,53 per le Fondazioni». Questi soldi ci so­no? Chi li mette? Ricordiamo che senza il riconoscimento di personalità giuridica la Fonda­zione non può operare: è come se non esistesse. E men che meno può riceve fondi dalle fondazioni bancarie e da Enti pubblici. Ordunque, si sta lan­ciando il Filadelfia e la sua Fondazione a tutta velocità contro un muro? E perché? Fonti non ufficiali del Comune sottilizzano, sostenendo che non è necessaria la modifica dello statuto, basta aggiustare le cose al momento dell’atto co­stitutivo davanti al notaio pre­visto per lunedì. L’opposto di quanto dicono in Regione. Boh... Certo è che il Registro Regionale che dà l’ok, se posto dinanzi a trasgressioni di Leg­ge o a difformità normative, non potrà che stoppare la Fondazione. Avvertiamo fin d’ora che non sarà possibile lo scari­cabarile, sempre molto utile in politica e più ancora in campa­gna elettorale giacché nessuno potrà dire che non vi abbiamo avvertito.

http://rassegnastampa.comune.torino.it/rassegna/imgrs.asp?numart=YGFAV&annart=2011&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B6FHI&video=0

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