mercoledì 14 marzo 2012

03/03/12 - Tutti al Filadelfia! - Inverno 1949

Inverno 1949: da Borgo Vittoria allo Stadio

di Walter Panero
Torino. Stadio Filadelfia. Inverno 1949.
“Forza Valentinoooo.....vai Eziooooooo!....”
Se mia madre sapesse che mi trovo qui, mi rifilerebbe tante di quelle botte che me le ricorderei non so per quanto tempo. Inoltre addio uscite di casa per andare a giocare a pallone nei prati o all'Oratorio del Cafasso. E lo stesso accadrebbe agli altri ragazzi che si trovano qui, con me, ad inneggiare ai nostri giocatori.
I nostri genitori credono che ci troviamo ancora a scuola, perché ci siamo inventati una lezione straordinaria al pomeriggio. Sì....sì...di pallone, però....perché noi, appena è suonata la campanella della fine delle lezioni, siamo scappati via di corsa con le nostre cartelle a tracolla: non c'era mica tanto tempo per venire fin qui, dato che abitiamo dall'altra parte della città.
Poco tempo e ancora meno soldi. Anzi di soldi proprio manco l'ombra. Però oggi giocava il Toro, e non potevamo certo lasciar stare! Perdersi una partita del Toro, di questo Toro, sarebbe un vero e proprio delitto. Probabilmente esagero, ma io la penso così, forse perché ho solo dieci anni. Mia madre e mia nonna dicono che sono matto, e che di sicuro un giorno la smetterò di farne di tutti i colori per vedere “undici uomini in mutande che corrono dietro ad un pallone”. Sarà. Magari hanno ragione loro. Magari un giorno cambierò sul serio. Ma per adesso è così. Ed essere qui ora è una delle cose più importanti e più belle per me. Per me e per tutti quelli della mia generazione. Quella generazione che è nata negli anni della guerra, o subito prima, e che i bombardamenti ed i Tedeschi, che se ne stavano appostati tra le nostre case, se li ricorda eccome!
Ma ora la guerra è finita da qualche anno. E noi siamo liberi. Liberi di uscire da scuola e di salire sul primo tram numero 9 che, dalle case popolari di Borgo Vittoria tra Via Sospello e Via Chiesa dove abitiamo noi da quando siamo nati, porta a due passi dallo Stadio, dall'altra parte della città. Per prendere il tram servirebbero dei soldi, ma noi, che non abbiamo un centesimo in tasca, sappiamo bene come si fa. Lo abbiamo visto fare tante volte dai ragazzi più grandi e ormai lo abbiamo imparato a nostra volta: basta aspettare che il tram, dopo essersi fermato per raccogliere il suo carico di passeggeri – molti dei quali vanno nello stesso posto in cui andiamo noi – riparta lentamente verso la fermata successiva; a quel punto bisogna salire senza farsi vedere sulla barra che sta dietro il mezzo e che a volte serve per collegare altri vagoni del tram. Si sta in piedi per più di mezzora su una barra di metallo che sarà lunga più o meno mezzo metro: non sarà certo come viaggiare in prima classe, ma per il nostro Toro si fa questo ed altro! Ad ogni fermata, poi, bisogna fare attenzione a nascondersi, per non farsi vedere dal bigliettaio o dall'autista: se ci vedessero ci farebbero scendere subito e ci correrebbero dietro con l'asta di ferro che serve per azionare gli scambi delle rotaie. Così ci toccherebbe aspettare un altro mezzo, e rischieremmo di perderci l’inizio della partita.
Ma ormai siamo sufficientemente furbi da non farci vedere, se non dagli altri passeggeri che, anche se ci notano, chiudono un occhio e non fanno la spia. In fondo sono stati giovani squattrinati anche loro; e poi siamo tutti del Toro e loro la spia la farebbero soltanto se al nostro posto ci fossero degli juventini. Ma qui di bianconero non ce n’è manco uno. Per fortuna.
Una volta giunti nei pressi dello stadio, inizia la parte più difficile, ma anche la più divertente: cercare di superare i controlli di quelli che strappano i biglietti davanti all'entrata. Anche qui la tecnica ce l'hanno insegnata i ragazzi più grandi: uno di noi si avvicina all'ingresso, va da quello che strappa i biglietti e cerca di distrarlo con mille tecniche diverse, mentre gli altri si infilano da dietro senza farsi vedere. Quando lui se ne accorge, è troppo tardi perché un alcuni di noi sono già dentro e, se lui ci inseguisse, decine di altri ragazzi come noi entrerebbero a loro volta nello stadio.
“Sevì mach 'd bandì! Se 'v ciapu 'vna dagu tante...”(1) urla quello che strappa i biglietti. Ma può dire quello che vuole. Tanto noi ormai siamo dentro e possiamo andare a piazzarci là, dietro il portiere della squadra avversaria. Facciamo sempre così perché ci piace stare là dietro e urlargli delle frasi che lo offendano, lo facciano arrabbiare, e lo distraggano. Poi, quando finisce il primo tempo, ci spostiamo dalla parte opposta dello stadio, nell'altra gradinata. E facciamo lo stesso. Lo abbiamo fatto per tante e tante volte, e forse distrarre i portieri avversari serve davvero, visto che in questi anni li abbiamo visti bucare decine di volte. Abbiamo battuto per 6 a 0 il Genoa, per 5 a 0 l'Andrea Doria, per 4 a 0 il Bologna, per 7 a 2 (e anche per 5 a 0) la Fiorentina, per 5 a 1 la Lazio e il Bari, per 4 a 0 la Roma, per 5 a 0 l'Inter, per 6 a 2 il Milan, per 6 a 0 il Vicenza e la Triestina, per 7 a 1 la Salernitana, per 10 a 0 l'Alessandria.
Mamma mia! Mi vengono i brividi a ricordare tutte queste partite!
Così come mi vengono i brividi ogni volta che entro in questo stadio. Gli stessi brividi che provai qualche anno fa quando ci misi piede per la prima volta, tenendo stretta con una mano la mia bandierina granata e con l'altra la mano della buon'anima di mio padre.
Quest'anno, almeno fino ad adesso, grosse goleade non ne abbiamo fatte e il risultato più rotondo è stato un 4 a 2 all'Inter nel mese di dicembre. Naturalmente, noi speriamo che oggi sia il giorno buono per vedere tanti gol, visto che giochiamo con la Sampdoria che è una squadra con poca esperienza, anche se è allenata da Baloncieri che, mi hanno raccontato i “vecchi”, era un vero fenomeno quando giocava nel nostro Toro ai tempi del primo scudetto di una ventina d'anni fa.
Noi faremo del nostro meglio per distrarre il portiere che si chiama Bonetti. Noi faremo del nostro meglio per sostenere i nostri. Come sempre, d’altronde.
“Forza Valentinoooo.....vai Eziooooooo!....”
E la partita può cominciare. Ancora una volta. E ancora una volta noi siamo qui. Alla faccia di tutto e tutti a respirare l'odore dello stadio.
Fa un freddo cane e il terreno è talmente ghiacciato che hanno dovuto coprirlo di segatura per permettere ai giocatori delle due squadre di stare in piedi e di giocare. D'altra parte, anche se il campo è pesante, la partita di oggi doveva assolutamente essere disputata, visto che era già in programma all'inizio di gennaio ed era stata rinviata per neve. La Sampdoria è salita apposta da Genova per giocare. E Genova non è lontanissima, ma neanche vicinissima. E se li hanno fatti venire fino qui, per giunta in un giornata lavorativa visto che oggi è giovedì, vuol dire che si deve giocare per forza. Anche se in campo non stanno in piedi. Anche se qui sugli spalti fa talmente freddo che sentiamo le mani e le punte dei piedi che si congelano. E l'unico modo per scaldarsi è quello di saltellare, visto che a noi non è permesso tracannare qualche sorsata dalla fiaschetta di grappa come fanno quelli più grandi. Mio padre diceva che quello è il modo migliore per scaldarsi quando si gela, e lo facevano anche sul fronte in tempo di guerra. Ma è inutile: io ed i miei soci di grappa o di altri liquori non ne abbiamo, e se mi azzardo a chiederne un po' a uno di quelli che mi stanno intorno, mi manda a quel paese dicendo: “Ma va là....t'ses mach 'n bocia (2)....quando sarai grande allora....”. Già. Quando sarò grande. Quando saremo grandi. Ma chissà se quando saremo grandi ci saranno ancora Loik e Mazzola, Gabetto e Maroso che conosco perché è del Borgo, Riga e Castigliano? Chissà....Per adesso è meglio non pensarci e concentrarsi sulla partita, visto che le squadre stanno entrando in campo.
“Forza Valentinoooo.....vai Eziooooooo!....grande Virgilioooo!....Forza Toroooooooo!”
All’inizio è molto dura, come il campo che quest’oggi appare davvero impossibile. I nostri sembrano un po’ imballati e questi Genovesi si battono con molto coraggio impegnando anche il nostro portierone che forse, essendo di origine savonese, sente particolarmente la sfida di oggi.
Ma al quattordicesimo, l’urlo del Filadelfia finalmente si fa sentire ed echeggia tra le case dei dintorni, da dove la gente si è affacciata dai balconi per seguire quello che può della partita. Gabetto tocca per Menti che la mette al centro dell’area, palla a Mazzola, tiro che si infila alla destra di Bonetti. 1 a 0 per noi e palla al centro. 1 a 0 per noi e tutti pensiamo che si stia per profilare l’ennesima goleada.
E invece no! Dopo che Bongiorni ha quasi sfiorato il raddoppio, la squadra genovese pareggia con un tiro di Lucentini che sfrutta un’incertezza di Bacigalupo. Tutti zitti, per un attimo. Si sente soltanto una combriccola di tifosi venuti apposta da Genova che festeggiano, gridando come matti, il gol della loro squadra. In fondo hanno ragione: non è mica da tutti riuscire a recuperare un gol quando ti trovi sotto in quella che è da sempre la nostra tana. Proprio per niente.
La partita ricomincia ed il Toro sembra in difficoltà. Noi cerchiamo di applaudire e sostenere i ragazzi per far sì che si riprendano, e forse ci riusciamo davvero perché, dopo pochi minuti, Maroso e Gabetto si scambiano più volte la palla tra di loro, l’attaccante va sul fondo e la mette al centro bella alta e tesa. Arriva Loik da dietro ed Ezio la piazza in rete. 2 a 1 per noi!
Finisce il primo tempo e noi cambiamo porta, inseguendo come un’ombra il povero Bonetti che ormai deve essersi abituato a sentirci. Tra l’altro, la gente dietro la sua porta è aumentata, visto che in genere nel secondo tempo aprono i cancelli e fanno entrare gratis i ritardatari e quelli che non hanno il biglietto. Ma nella ripresa, in pratica non succede nulla. La Sampdoria sembra non avere più la forza per raddrizzare la partita e il Toro, pur avendo qualche buona occasione per allungare le distanze, si limita fondamentalmente a difendersi forse pensando alla prossima partita col Livorno che si disputerà proprio qui domenica, ovvero tra pochissimi giorni.
Un po’ delusi e molto infreddoliti, nonostante avessimo addosso le mutande di lana che ci aveva regalato la nonna e ben due paia di calze, ce ne torniamo verso il Borgo, verso casa, prendendoci il 9 con lo stesso sistema che avevamo usato all’andata. Purtroppo, un gruppo di ragazzi juventini che abitano vicino a noi (che ci piaccia o no, in questa città ci sono anche loro) ci vedono, ci riconoscono, e fanno la spia al controllore che ci costringe a scendere.
Maledetti! Ce l'hanno con noi perché sono invidiosi, visto che siamo in testa alla classifica e vinciamo campionati e derby in serie, mentre loro non battono chiodo da un sacco di tempo. E chissà per quanti anni ancora!
Pazienza. Tanto siamo già all’altezza di Stazione Dora, dove c’è il Lutrario, e da lì ce la possiamo fare benissimo anche a piedi. Anzi! Di corsa! Così ci riscaldiamo un po’ i piedi che sono ancora mezzi congelati.
“Alora? L’è costa l’ora da arivè?” (3) mi dirà come sempre mia madre quando tornerò a casa.
Io, come al solito, farò spallucce ed abbasserò lo sguardo.
“Andoa t’ses andait?” ( 4) mi urlerà. Ed io non risponderò facendola arrabbiare ancora di più.
“Lo sai mi andoa! A gioeghe al fotbal ‘d sicur! O a vedde lor là ‘n brajette ca coro darera a na bala…” (5)
E così via. Per tutta la sera. Fino a quando non si starà stufata e ce ne andremo a dormire, perché domani io vado a scuola e lei lavora.
Ma domani, per fortuna, è già venerdì. Due giorni di scuola e poi….
...E poi domenica ci incontreremo ancora una volta vicino all’Oratorio. I nostri genitori penseranno che noi siamo lì a giocare a pallone.
E invece no! Noi saliremo nuovamente sul 9 senza farci vedere. Poi entreremo di nascosto allo stadio senza biglietto. E di nuovo dietro alla rete a prendercela con un altro portiere avversario.
Finché ci sarà il Toro, finché ci sarà questo Toro, noi saremo lì! Dentro lo stadio. Dietro la porta. Perché nella vita non c'è niente di più bello che rimanere lì appostati.
Perché nella vita non c’è niente di più bello che vedere da vicino Gabetto che dribbla, Loik che tira, Baci che para, Mazzola che si rimbocca le maniche e dà ordini ai compagni.
Perché nella vita non c’è niente di più bello che veder giocare e vincere il nostro Toro.
Perché nella vita non c'è niente di più bello che essere del Toro.
(1) “Siete solo dei banditi! Se vi prendo ve ne rifilo tante…”
(2) “Ma va là...sei solo un ragazzino...”
(3) “Allora? E’ questa l’ora di arrivare?”
(4) “Dove sei andato?”
(5) “Lo so io dove! Di sicuro a giocare a pallone. O a vedere quelli là in mutande che corrono dietro a una palla.
La stesura di questo racconto è stata possibile solo grazie alla fondamentale consulenza di Mario. Lo ringrazio per questo e anche per avermi permesso, tanti anni fa, di vedere molte partite del Toro che, senza la sua presenza, sarei stato costretto ad ascoltarmi da casa con l'orecchio appiccicato alla radiolina.
Giovedì 27 gennaio 1949
Torino, Stadio Filadelfia
TORINO - SAMPDORIA 2-1 (2-1)
Torino: Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Castigliano, Rigamonti, Martelli, Menti, Loich, Bongiorni, Mazzola, Gabetto. All.: Lievesley.
Sampdoria: Bonetti, Ballico, La Penna, Coscia, Bertani, Gramaglia, Lucentini, Bassetto, Baldini, Gei, Rebuzzi II. All.: Baloncieri.
Arbitro: Bellé di Venezia.
Reti: Mazzola 14' (T), Lucentini 21' (S), Loik 35' (T)
Note: Recupero della partita rinviata il 02.01.1949

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