mercoledì 23 giugno 2010

23/06/10 - Fila, l'ultimo progetto è un gioiello per il Toro

Oggi la presentazione in Comune:
9.999 posti, costo 11 milioni


FEDERICO MONGA
TORINO
C’è il museo della storia granata, un lungo camminamento sotto gli spalti. C’è la tribuna centrale rifatta in legno, come era una volta. C’è il balcone davanti alla foresteria che dà sul cortile e sul secondo campetto da dove, un po’ distante per non mettere il fiato sul collo, gli osservatori scrutavano, durante i provini, se i ragazzi potevano essere davvero da Toro. Il progetto del Filadelfia che oggi sarà presentato in Comune dall’assessore allo Sport Giuseppe Sbriglio e che la Stampa ha visto in anteprima, è granatamente fatto come Valentino Mazzola comanda.

Tra i tanti disegni fatti circolare in questi anni quello degli archi-ultrà Andrea Gaveglio, Stefania Ferrero, e Michelangelo Taliano è il più fedele all’ortodossia tremendista. Si farà? Chi lo farà? I soldi ci sono? Chi li mette? Sono tutte domande che dovranno cominciare a trovare una risposta da oggi. Intanto la grana delle ipoteche è stata risolta e adesso c’è un’idea ben strutturata, alcuni bozzetti di un sogno senza più megastore ricoperti da scarpe da calcio rovesciate o spalti, belli per carità, ma che potrebbero stare ai mondiali del Sud Africa ma non in quella magico quadrilatero delle vie Filadelfia, Giordano Burno, Spano e Tunisi.

Le sensibilità sull’argomento sono nervi scopertissimi. Le dietrologie e i sospetti trionfano. E quindi gli architetti Gaveglio e Taliano vogliono essere subito chiari: «Noi facciamo parte di RiFila e oggi presenteremo il progetto con il presidente Marco Cena ma non abbiamo firmato incarichi con l’associazione. Mettiamo a disposizione il nostro lavoro per chiunque sia intenzionato seriamente a ricostruire il nostro stadio». I due architetti hanno lavorato gratis. Il fatto che del Fila ricordino con nostalgia le rovesciate di «Spadino» Selvaggi e le bombe di Pusceddu a scavalcare gli spalti sono due chiari sintomi di granatite, una malattia che non va più via, come cantano in curva Maratona.

Ma torniamo al progetto. Fedelissimo, con qualche riadattamento e concessione alla modernità, all’originale. Due campi divisi da quel cortile dove i tifosi dispensavano abbracci e ombrellate sulle caviglie a seconda dell’impegno e dove tanti giocatori si sono formati il carattere. Uno prato a norma Uefa, per gli allenamenti della prima squadra e le partite della Primavera, e uno più piccolo, conforme ai regolamenti della Lega Pro, dove si allenerebbero le giovanili; 9999 posti previsti, sotto i diecimila così non ci sono obblighi di dividere in settori e di fare la gabbia per gli ospiti. Spalti coperti solo dalla parte della tribuna. Seggiolini e panche granata. Dell’attuale scempio resterebbero solo i due monconi, vincolati dalle Belle Arti che però sono destinati a diventare un museo a cielo aperto con statue in bronzo dei grandi del Toro.

Sarà un disegno, sarà ancora un desiderio ma in questa casa del Toro non manca nulla: la foresteria per i ragazzi delle giovanili, la sede su due piani, il ristorante, il museo, la hall con i vetri in cristallo e la scala in marmo originale, i rivestimenti esterni in mattoni come si possono ancora intravedere, gli spogliatoi, l’ingresso per i pullman delle squadre che va a un piano interrato, l’ingresso al campo all’inglese. Le dimensioni, per usare un termine tecnico, le volumetrie sono le stesse. Nessuna ricopertura, nessuna sopraelevazione. Così come era, con una sola differenza che c’è ma non si vede. L’area sotto gli spalti non sarà più vuota come era una volta, ma sarà utilizzabile. Le aree commerciali sono di 1422 metri quadrati calpestabili, indispensabili per contribuire al costi di mantenimento, potranno anche essere occupate dal pubblico.

Un gioiello così è difficile, esteticamente e filosoficamente, da contestare. Da oggi si potrà riparlare di chi e come potrà e dovrà trovare gli 11 milioni di euro necessari per la realizzazione. Se il Comune metterà i 3,5 milioni promessi, se le fondazione, gli imprenditori contribuiranno, se sarà della partita anche Urbano Cairo. Il disegno intanto è un sogno «E se chiudiamo gli occhi - chiosano i due archittetti - ci piacerebbe riaprirli un 4 maggio con un quadrangolare tra Toro, River Plate, Inter e Benfica».


http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/quitoro/201006articoli/27668girata.asp

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