venerdì 15 aprile 2011

14/04/11 - Pure Torino cerca padrone



La società granata che Cairo ha messo in vendita ha un asso nella manica


Gli impianti cittadini rinnovati per le Olimpiadi rappresentano una grossa opportunità per sfruttare le possibili sinergie tra calcio, spettacolo e altri sport


STEFANO LANZO

TORINO. Potenzialità straordinaria da sfruttare in fatto di impiantistica e aree commerciali, l’eco delle Olimpiadi ancora tangibile sul territorio, una possibilità più unica che rara: eppure nessuno la coglie. Ci sarebbe da mangiarsi le mani, perché probabilmente in nessun altro posto in Italia esistono, pronte, le strutture sportive (e gli spazi sfruttabili) che può vantare Torino: solo Roma, forse. Sicuramente non Milano, che ha uno stadio (il Meazza) di alto profilo anche se non più modernissimo ed è indietro per quanto riguarda i palasport (al PalaLido è cominciato il restyling, il Forum di Assago inizia a essere anzianotto e inadeguato a certi livelli). E poi basta passare in rassegna grandi centri come Bologna, Firenze, Venezia: nessuno può avere le opere sportive di Torino. Merito dei Giochi Invernali del 2006 che hanno portato (a Torino e anche fuori Torino) risorse da reinvestire in strutture e non solo: alcune sono diventate dei paradossi (come il nuovo palazzo del nuoto, ad esempio), altre si sono trasformate in cattedrali nel deserto. Quale città può annoverare uno stadio da 25 mila posti e un palasport da 15 mila nell’arco di un isolato? E inoltre la possibilità di sfruttare magari anche l’area di fronte, l’ex Combi?

Senza parlare poi del Filadelfia, a due passi e semplicemente (si fa per dire...) in attesa da 14 anni di essere ricostruito per diventare un centro sportivo all’avanguardia. Non adoperare a dovere questi impianti, passato il grande evento del 2006, diventa un peccato ferale: soprattutto perché, archiviata l’esperienza olimpica, Torino è ancora di più una meta di interesse, un posto da vivere e visitare. E’ sufficiente ricordare la straordinaria trasformazione di Barcellona dopo i Giochi del 1992. Convogliare un progetto sportivo verso un piano anche commerciale- turistico-culturale per muovere interessi, aiutando la città a crescere sotto tanti aspetti: a Torino ci sono più possibilità che altrove. Eppure per adesso nessuno si muove per rilanciare un progetto sportivo unico. Non necessariamente una polisportiva sul modello spagnolo, ma anche soltanto un club in grado di gestire il Torino e riportare il basket ai massimi livelli (sottolineando peraltro l’ottimo lavoro che sta svolgendo la Pms nella pallacanestro torinese). E poi ci sarebbe anche il volley, che in città manca in certe categorie da troppo tempo. Basta guardarsi intorno per alimentare ulteriormente il rimpianto. Perché Torino è circondata dal buon esempio della provincia: il Novara sta creando un piccolo capolavoro nel calcio anche rinunciando a multinazionali o a un magnate; Biella è stabilmente nella serie A cestistica e ha pure costruito (e gestisce) un palasport all’avanguardia; Cuneo è la regina della pallavolo in Italia e un’isola felice pure senza investimenti faraonici. A Torino, in linea teorica, le strutture non sono nemmeno da realizzare o ristrutturare: ci sono già, per tutti i gusti.

FORZE DA ATTIRARE.

Manca però l’ingrediente principale, manca la materia prima. Torino deve evidentemente farsi ancora più bella per attirare le forze imprenditoriali del territorio, finora freddine di fronte alle possibilità di creare un business nell’ottica di una nuova capitale sportiva. «Adesso il Toro è un affare per i colossi stranieri, grazie a stadi e aree commerciali», ha dichiarato a Tuttosport il sindaco uscente Chiamparino meno di una settimana fa. Ma, pure senza sperare nell’arrivo di uno sceicco, Torino è l’occasione per le risorse più o meno locali, come dichiarato su queste colonne da Mario Golè, imprenditore interessato al club granata. E sarà uno dei compiti del prossimo sindaco di Torino quello di invogliare e convogliare energie imprenditoriali per riportare Torino ai vertici dello sport italiano ed europeo. Gli ingredienti ci sono: a cominciare dalla passione della gente, non soltanto per il calcio granata, ma anche negli anni passati per il basket e per il volley. E “l’ariete” per sfondare il muro deve essere proprio il Torino, messo in vendita dal suo padrone a marzo, attraverso tutti i mezzi di comunicazione possibili: prendere il Torino per poi allargare l’orizzonte. Il Comune, con l’assessore allo Sport Sbriglio, è pronto a parlare per l’Olimpico. Però in ballo ci sono anche il Pala Olimpico e altre strutture, senza contare cosa significherebbe per Torino e il Torino riavere il Filadelfia. Un imprenditore illuminato (o magari anche un pool) con una struttura forte e organizzata non deve lasciarsi scappare l’occasione.

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