lunedì 2 aprile 2012

Ricordi del Fila...

Dal Forum ForzaToro...

bius ha scritto:

Il Fila è la mia infanzia fatta di sogni e promesse.
E' la Renault 2 cavalli tutta scassata di Galbiati che arriva nel cortile sollevando polvere con un'orda di ragazzini con un taccuino in mano che la rincorre per l'agognato autografo.
E' Beppe Dossena, che arriva sorridente ed elegante e firmando gli autografi sfotte qualche vecchio tifoso. Poi con la solita spavalderia imbocca la strada per gli spogliatoi.
Il Fila è mio padre che mi prende per mano con fare affettuoso, quasi commovente, e mi dice: "Lo vedi quello? E' Claudio Sala, il poeta del gol. Quando partiva sulla fascia per fermarlo dovevano sparargli".
Il Fila è Leo Junior che arriva agli allenamenti con una Uno beige, mentre Gigi Radix che poteva permettersi un Bmw era visto come un gran signore.
Il Fila sono i vecchietti che guardano gli allenamenti, facendo commenti ipercritici rigorosamente in piemontese, ma non verso i nostri ragazzi della Primavera, quasi intoccabili e coccolati, perché "Quel Francini lì a l'è propi fort, si deve fare ma sarà in nasiunal, tlu disu mì".
E' Zaccarelli che in quanto ad eleganza supera anche Dossena, non ci sono dubbi.
Il Fila è Edu Marangon che prova le punizioni con la barriera finta e non ne butta una dentro neanche per sbaglio, e noi ragazzini attaccati alle reti non sappiamo se ridere o se piangere.
Il Fila sono io che guardo la scritta sui muri INGRESSO POPOLARI LATERALI - RIDOTTI MILITARI BALILLA e immagino mio nonno in coda per pagare il biglietto e vedere le giocate di Valentino ed Ezio Loik.
Il Fila è più di una casa o di un simbolo, è un cuore che pulsa, un padre per mano al figlio, un nonno per mano al nipote, con la Storia e le storie che passano di bocca in bocca, di cuore in cuore, con le emozioni che non si disperdono ma che si fermano intorno a quei muri.
Se il Fila fosse stato un campo di allenamento ultramoderno con le migliori strutture del mondo non sarebbe stato nulla. Non sarebbe stato il Toro. Non avrebbe avuto quel fascino un po' retrò. La muffa sui muri, le gradinate scrostate, il vecchio cancello, il muro di mattoni intorno allo stadio.
Ogni singolo atomo trasudava passione, ogni persona che raccontava era un mattone alla nostra causa, ogni aneddoto un viatico a superare le delusioni e a sapere che eri vivo.
Il Fila era il ricordo di un tempo che non c'è più, ma che sai che tornerà. Era la casa dei campioni di ieri ma anche la culla di quelli di domani, l'orgoglio di un popolo che sa alzare la testa anche quando è piegato a terra dai fortunali del destino.

Ora tutto questo ci è stato portato via. Con l'inganno, l'arroganza e il sopruso.
Se vogliamo che torni il Toro deve tornare il Fila.

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Gordon65 ha scritto:

Se posso permettermi e non sfracasso troppo le palle con i miei chilometrici post posto un pezzo che scrissi cinque anni fa:

Il Filadelfia e me
La prima volta che entrai nella "Fossa dei leoni" ( mio padre buonanima mi ha insegnato che per noi granata lo stadio così lo si chiamava) era il 1973, era un giorno di novembre e a Mirafiori c’era la nebbia, al Fila no, cielo coperto ma non nebbia; il Toro di Giagnoni aveva appena finito di allenarsi e si poteva entrare nel prato, camminarci sopra, calpestare e respirare l'erba.
Camminai a lungo su quel tappeto verde....... quanto era diverso dai prati che avevo conosciuto fino ad allora rincorrendo un pallone, raramente di cuoio, quasi sempre di plastica, occasionalmente, quando proprio non c'erano soldi per comprarne uno, di calza della nonna riciclata con una imbottitura di carta da giornale. Quanto era diverso un vero campo di calcio da quei prati spelacchiati che erano il giardino della mia infanzia, perennemente a ridosso di un cantiere che presto sarebbe diventato palazzone, con due enormi pietre come pali e senza traversa, così che i goal più belli spesso e volentieri venivano annullati poichè il portiere non ci arrivava e se non ci arrivava lui significava che il tiro era alto.
Quante discussioni, quante litigate, quante urla e quante botte; una volta le prendevi ed una volta le davi e soprattutto a casa tacevi, perchè i genitori amavano non intromettersi nelle questioni dei figli e quei pochi che invece non ubbidivano a quella regola non scritta finivano per danneggiare i propri figli che in quanto "cocchi di mamma" venivano isolati, evitati, ben che andasse sopportati, dalle varie comunità di bambini di quegli anni.
Il Filadelfia invece non era diventato terra battuta; l'erba era perfettamente rasata e pur dovendo malvolentieri ammettere con me stesso che si, un pò, molto poco per la verità, davanti alle porte anche quel magico prato era spelacchiato, ritenni che meglio di così uno stadio non potesse essere.
Di tanto in tanto arrivavo lì, spesso senza neanche avvisare a casa, soprattutto se giocava la primavera ed il mitico Giammarinaro, l'usciere omonimo di uno dei primi campioni post-Superga, tante volte mi strizzava l'occhio e mi faceva entrare anche se non avevo nemmeno le 100 lire (dicasi cento lire) per il ridotto ragazzi; allora l'ingresso intero per le partite della primavera era 500 lire, l'equivalente di un ridotto ragazzi in Maratona per il campionato ( dove l’intero era a 2200 lire ed i distinti a 6.000 lire).
La tribuna in legno mi faceva impazzire e la visuale eccezionale veramente, si sentiva il rumore dei tiri in porta, si sentiva il fiatone dei giocatori, li si sentiva sussurrare "passa", "vai", "mia" e soprattutto, anche al di fuori dell'orario delle partite e degli allenamenti, si viveva nell'antistadio in una sorta di "piazza granata" tutt'altro che virtuale dove quasi mai si fermavano i giocatori ma nella quale praticamente si formavano diversi capannelli di persone, una divisione più logica che sociale, voglio dire....invece che parlare in 50 si facevano 5 gruppi da 10 ed uno se voleva saltellava da un gruppo all'altro ad ascoltare questo o quell'oratore.
Ricordo come fosse ieri l'ultima volta che sono salito in tribuna, si giocava un Torino-Varese di Coppa Italia ( 0 a 1 ) e se la memoria non mi fa scherzi era il 1979.Poi da un giorno all'altro montarono un immenso ponteggio e dissero che la tribuna era pericolante, il crollo imminente, il disastro prossimo.
Nessuno fece niente, la gente che veniva a chiaccherare su quei gradoni si limitò a traslocare sotto nel cosiddetto parterre, nei sei sette gradoni alti si e no 15 centimetri da dove si ammiravano i nostri soprattutto nella partitella del giovedì, quella contro la primavera, ed il sabato contro l'avversario di turno dei giovani.
Allora il Toro giocava al Comunale in campionato e sempre davanti ad un minimo di 22/23000 anime, parlo dei match con le squadre scarse e prive di tifosi al seguito, ma almeno 6/7 volte all'anno c'erano almeno 40.000/45.000 per le classiche ( Milan, Inter, Napoli) e quasi sempre oltre i 35.000 per le medie ( Roma, Sampdoria) e poi i derby, sempre “sold out”, anche se a dire il vero con l'esplosione del fenomeno hooligans, capitò sovente di giocare davanti a "solo" 40.000 persone derby appassionanti.
Al Filadelfia, che era la casa mia ma anche quella di molti altri granata d.o.c. sinceramente non avevamo pensato come allo stadio del nostro futuro ; troppo piccolo coi suoi 28.000 posti (23.000 in piedi) per le nostre ambizioni e per i nostri numeri. Ci andava bene così com’era e ci sarebbe bastato restaurare la tribuna per renderci felici; al Comunale nel frattempo , nel quale si erano stipati anche 70.000 spettatori per Toro-Borussia Moenchenblandhac o per Rube-Celtic erano cominciati i lavori, complice la tragedia al cinema Statuto di quel disgraziato febbraio 1983, per dare vie di fuga decenti alle persone e conseguentemente ridurre la capienza intorno a 60.000 posti.
Per Torino ed i torinesi non erano anni facili quelli, dopo le giunte rosse era arrivato il tempo del pentapartito e questi, i pentalleati non è che dettavano legge, proprio imperavano. Ricordo i sindaci che si succedettero a Palazzo di Città:Cardetti, Magnani Noya, Cattaneo e Zanone tra Novelli (1983) e Castellani (1993). L’Italia campeòn in Spagna aveva ottenuto nel frattempo l’organizzazione dei mondiali del 1990 ed in quell’allegro paese che era la nostra Italia, dove qualunque questione veniva affrontata aggiungendo debito pubblico a debito pubblico figurarsi se qualcuno si fece avanti per risparmiare; la parola d’ordine allora come oggi era speculare ed infatti ecco quei due portenti di stadi nuovi di Torino e Bari costati 2.000.000 ( 1000 e rotti euro) di lire a posto……………………nel frattempo a Cesena, tanto per capirci, per lire 400.000 a posto buttarono giù lo stadio vecchio, tranne la tribuna e ne rifecero uno nuovo per 28.000 posti complessivi che molti hanno potuto ammirare nella sua confortevolezza e semplicità.
Fu in quegli anni di spreco a 360° che il Filadelfia venne rivenduto dal proprietario, la Fgci, che a sua volta lo aveva rilevato dal Torino stesso, alla società, allora gestita da De Finis, per una lira (giuro non è una gaffe).
Erano in dirittura d'arrivo sia gli allegri anni '80 che i mondiali ed il Filadelfia appariva sempre più vecchio e cadente. Ricordo bene una finale di Coppa Italia primavera (vinta i rigori) contro la Roma con Mario il magazziniere, più che le autorità competenti, che dato l'elevato numero di spettatori, oltre 5000, aveva lasciato accedere la gente in settori che definire pericolanti sarebbe riduttivo poichè c'erano proprio i buchi nei gradoni e le piante che uscivano dal cemento; prima naturalmente tirò il nastro biancorosso, quello che segnala il pericolo nei cantieri, quello da non oltrepassare, quello che se fosse giallo avrebbe stampato sopra ossessivamente e ripetutamente “Crime scene” ed invece che nel Filadelfia ti ritroveresti in un telefilm. Però noi non avevamo paura di quell'immenso ponteggio e dei buchi nelle gradinate, ci sparpagliammo ovunque fosse possibile farlo ed assistemmo all'ennesimo trionfo di quella nidiata di talenti: Fuser, Lentini, Sordo, Venturin, Bresciani.
Chi si ricorda poi la volta che i cugini violarono con la loro Primavera, dopo secoli, il nostro campo ? Fecero dei gesti verso il pubblico, l’ombrello, il dito medio, le solite cose insomma e nemmeno pensarono che la recinzione, una rete da giardino a rombi verdi, era semplicemente ridicola. Così diversi ultras entrarono in campo affiancando i giovani gobbetti mentre questi con le facce imploranti e chiedendo scusa cercavano di guadagnare gli spogliatoi per evitarsi ritorsioni che nessuno aveva in mente di porre in atto perchè il Filadelfia era frequentato da uomini e donne e non da banditi, persone però offese da quel modo di comportarsi. La situazione era tesissima anche perchè c'erano 2 dico due poliziotti che peraltro chiesero rinforzi immediati ma che restarono a lungo soli di fronte ad una folla che non aveva gradito quella maleducazione; poi tutto finì in grandi risate quando arrivarono i rinforzi: due carabinieri su di un Fiat 238 che si fuse proprio entrando nel Filadelfia emettendo una nuvola di vapore bianco ! Uno dei 2 “poliziotti” che provavano di tenere a bada la gente si mise a ridere a crepapelle, con tanto di manganello in mano e devo riconoscere che il destino, con quella scenetta troppo divertente per non essere contagiosa non sempre è cinico e baro. Un potenziale pomeriggio "esplosivo" si trasformò in un momento esilirante, il sorriso sostituì i lineamenti tesi delle persone e tutto finì a tarallucci e vino.
Eh si; posso dire che il Filadelfia non l'ho conosciuto, l'ho proprio vissuto, uscire dallo stadio nell'intervallo tra i due tempi delle partite, per andare a farsi fare una pizzetta allo Sweet e scolarsi una birra per poi rientrare neanche fossimo a casa nostra ( ma eravamo a casa nostra!), aspettare chi rientrava dalle trasferte coi clubs organizzati tanto partivano quasi tutti da là; commentare il lunedì la partita del giorno prima (quasi sempre senza giocatori perchè a riposo ), spesso e volentieri l'arbitro, qualche vittoria si ma anche tante tranvate, roba da granata si intende, la mia adolescenza fù così costellata di finali di Coppa Italia perse con fior di attenuanti che credevo che non avremmo mai più vinto niente, invece quella coppetta la riportammo a casa nel 1992 e chissà se nel cortile del Filadelfia c'erano ancora tutti i veci al loro posto.
Ricordo un anziano in particolare, Umberto, al quale avevano dato 6 mesi di vita nel 1967 per un tumore alla gola e che era sopravvissuto fino ai primi anni 80, uno di quelli che aveva conosciuto di persona Loik e Castigliano per questioni di lavoro e che mi raccontava per filo e per segno le partite indicandomi col dito da dove era partito il tiro e dove era uscito ( o entrato) il pallone.Da dove era partito Baker per scartarsi 1,2,3,4,5,6,7 gobbi e palla in rete e da dove usciva il pallone che il portiere del Bologna, per perdere tempo, scagliava fuori dallo stadio.Umberto mi diceva che tutte le mattine si guardava allo specchio e faceva il gesto dell’ombrello verso il medico che lo aveva spacciato e chissà se è poi così giusto parlarne al passato, ci fosse ancora il Filadelfia Umberto sarebbe ancora lì, tutti i giorni e magari tanti, guardandolo nel suo fisico minuto ma in qualche modo agile, direbbero che per essere uno con l’età a tre cifre si conserva ancora bene...... Umberto....... quando il mio fratellino, complice il mundial, si era infatuato più di Paolo Rossi che dei gobbi, lo portai da lui, ad imparare la storia ed a osservare quell'elica rimasta lì a testimonianza di una eternità che solo chi è autenticamente laico può capire; Umberto, nel giro di un paio di ore mi restituì il fratellino, non dico nuovo di zecca, però lavato, pulito, dai pensieri sconci, granata dentro da allora e per sempre. Da allora sono passati ormai oltre 20 anni ed io che ero un giovane disoccupato ancora dovevo capire tante cose ma non tutte; ad esempio tutte queste attenzioni su Filadelfia, da gente che oggi sembrerebbe disposta alla morte pur di preservare quel campo, non le avevo notate e trovo bizzarro che quelli che poi hanno addirittura fondato i partiti del Filadelfia allora non solo non dicessero niente ma nemmeno facevano niente; sarebbero bastati pochi soldi per restaurare la tribuna in legno ma giuro che mai nessuno ha mosso il culo per fare nulla. Quando io nella mia immensa ingenuità ho sottoscritto il "mattone" pensavo che saremmo stati decine di migliaia a fare lo stesso, invece fummo meno di 2.000 eppure eravamo oltre 18.000 i soli abbonati e con un paio di miliardi di lire di allora la tribuna la si sarebbe potuta recuperare completamente.
Il Filadelfia è ritornato importante il giorno dopo essere stato raso al suolo ma non potrà mai più tornare ad essere quello che è stato; non basta vedere uno che imita Charlot per rivedere Charlot, non basta vedere un pallone di marmo su una scala per rivivere le gesta di Valentino Mazzola ma anche di Umberto, di Baker e Carlìn, Pulici e me bambino.
Per rivivere il Filadelfia bisogna chiudere gli occhi e rivedere con la propria immaginazione la nostra storia, come faceva un'altro tifoso granata illustre, non perchè famoso ai media ma perchè noto a noi del Fila, che organizzava le trasferte più impensabili a bordo del suo Peugeot combinato nove posti che regolarmente riempiva e che girava con in tasca la formazione del Toro di tutti i tempi e non ce n'era; per lui Janni in mediana era meglio di Castigliano e Baloncieri era titolare fisso al posto di Gabetto, Ossola poi non valeva mezzo Pulici, titolare di quell'immaginario 3 - 5 - 2 mentre per il Poeta del goal ahimè a stento si trovava un posto in panchina.

Questo è stato il Filadelfia per me e questo resterà per sempre. Passerà ancora tanta acqua sotto i ponti e forse nuovi campioni sbocceranno su quel prato ma la magia se n'è andata insieme con le macerie e la magia è qualcosa che non si può ricostruire.

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