sabato 14 luglio 2012

3° Classificato - Ricostruzione impianto "Ex Filadelfia". Torino


Pubblicato da nicoletta carbotti | FattoreQ
Pubblicato il 06 Luglio 2012
             
Dati tecnici
Cliente  fondazione filadelfia
Programma  concorso a partecipazione aperta
Date Concorso  Febbraio 2012




Ricostruzione dell'impianto "Ex Filadelfia" di Torino


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Filadelfia! Ma chi sarà ‘l vilan/a ciamelu ‘n camp? Jera ne cuna/‘d speranse, ‘d vita, ‘d rinasensa,/jera sugnè, criè, jera la luna,/jera la strà dla nostra chersensa. – Filadelfia! Ma chi sarà il villano/a chiamarla un campo? Era una culla/di speranze, di vita, di rinascita,/era sognare, gridare, era la luna,/era la strada della nostra crescita(da Me Grand Turin, Giovanni Arpino)

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tavola di concorso
C’è una storia a Torino che ogni bambino si è sentito raccontare almeno una volta dal proprio papà o dal proprio nonno, a seconda della generazione a cui si appartiene. È una storia che parla di ragazzi, anzi “dei ragazzi”, di grandi vittorie, di invincibilità e di un campo di battaglia. Il Grande Torino è uno di quei nomi che risuona nelle stanze della nostra infanzia come una favola bellissima, magica ma vera, di quelle che fanno sgranare gli occhi un po’ di più ogni volta che ne viene rivelato un nuovo dettaglio. Una storia universale, ben nota, ma carica di infinite ramificazioni private e per questo ancora più speciale, epica e consolatrice. Tutti conoscono il mito di quella squadra irripetibile, ma ognuno di noi conserva il segreto di un incontro speciale con quella leggenda: dall’entusiasmo del proprio pacatissimo nonno, che diventava di colpo capace di lanciare per aria il cappello al primo goal, all’azzurro intenso del cielo dopo questa o quella indimenticabile vittoria.

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tavola di concorso
Il Grande Torino è parte di un certo olimpo laico contemporaneo e il poster che ritrae la squadra ancora oggi campeggia sui muri di tante case, bar, ristoranti, e attività commerciali; se si chiede al proprietario il perché di quella immagine, le spiegazioni sono sempre commosse: c’è chi risponde con un fatato “Io l’ho visto giocare” e chi sospira malinconico “Era la grande passione di mio padre”. Ogni racconto però, tornando al presente, finisce inevitabilmente su una parola, Filadelfia. Il Grande Torino e il suo stadio sono miti inscindibili e questo accade perché “il Fila” era lo specchio architettonico del carattere e della forza di quella squadra.

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spaccati prospettici
I versi di Giovanni Arpino che introducono queste righe, racchiudono perfettamente, con tutta la sintesi emozionante della poesia, che cosa fosse per tutti lo stadio del Grande Torino: una culla di speranze, di vita, di rinascita, dove tutti potevano sognare, gridare. Era come la luna, un luogo lontano e quotidiano al tempo stesso, un posto nel quale era possibile dimenticare ogni amarezza e guardare tutti dall’alto. Un tempio nel quale era possibile far crescere le proprie ambizioni, in cui poter maturare e crescere, di nuovo. Confrontarsi con tutto questo non è semplice: fin dal primo schizzo, chiunque passasse intorno ai disegni e alle tavole in preparazione ha finito per avvicinarsi, aggiungendo un racconto, una canzone o un dettaglio “fondamentale”, cercando di dare un consiglio o stabilire dei punti fermi da dover tenere ben presenti.

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spaccati prospettici
Linea dopo linea, incontro dopo incontro, il Filadelfia si è rivelato presto molto di più di un lotto da edificare e si è finiti per fronteggiare una proprietà emotiva collettiva, invisibile e impalpabile, scavata in profondità, come una radice o una parte della propria identità.OVERVIEWIl Campo Torino, noto a tutti, torinesi e non, come il Filadelfia non era uno stadio lussuoso. Era semplice, essenziale e racchiudeva in sé tutti gli elementi architettonici che in quegli anni caratterizzavano le nuove costruzioni cittadine. La facciata era composta da mattoni rossi, con colonne e grandi finestre dotate di infissi bianchi, collegate l’una all’altra da un ballatoio con ringhiera in ferro; aveva gradinate in cemento e l’unica nota aristocratica che lo caratterizzava era un tribuna in ghisa e in legno, compresi i seggiolini numerati, costruita in stile Liberty. Nel corso degli anni subì numerose opere di ampliamento, ma di fatto, nulla ne modificò mai l’impatto generale, semplice, essenziale e, per certi aspetti, severo. Il Filadelfia era uno stadio popolare, proletario, “di ringhiera”, come molte delle case in cui abitavano i tifosi che lo popolavano. Visitato ancora dopo il suo abbandono, il Fila sembrava più una di quelle rovine da archeologia industriale che un tempio dello sport caduto in disuso.

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Del resto, la facia d’uveriè (faccia da operaio) di Valentino Mazzola, ricordata da uno dei versi della poesia di Arpino, sembra evocare quasi l’idea di un ibrido originale: uno stadio-fabbrica. L’atmosfera popolare che si ricava da queste prime ricognizioni intorno all’idea del Filadelfia è stata il punto di partenza per tracciare le linee della sua ricostruzione, tenendo presente la fortissima aspettativa emotiva che questa deve fronteggiare. Lavorare sul nuovo stadio del Torino significa inevitabilmente operare su un’architettura che da molti verrà letta, almeno in prima battuta, come un monumento. Lo sforzo è stato quello di anticipare questa prevedibile reazione, muovendosi verso il futuro: se il Filadelfia non può non essere un monumento, allora è fondamentale che esso diventi un simbolo di valori, di vittorie e di identità. Per queste ragioni, il progetto integra il passato con il presente, recuperando alcuni elementi importanti della memoria storica, così come richiesto dal bando, ma armonizzandoli e muovendoli verso il futuro. La sagoma dell’edificio, intesa come organismo architettonico all’interno dello spazio urbano, rimane pressoché identica a quella del passato – il nuovo costruito si colloca sulla perimetrazione preesistente, e se ne distacca leggermente solo per soddisfare alcune nuove esigenze funzionali legate al commercio e all’attività sportiva – ed è previsto il ripristino delle porzioni di curve risparmiate dalle demolizioni nel settore ovest, così da mantenere in vita un’importante testimonianza architettonica. Il nuovo organismo edilizio, invece, andrà a disegnare il nuovo prospetto della tribuna ovest sulla piazza pubblica, pur riproponendo, in continuità con il passato, l’impatto visivo dell’architettura costruita in corrispondenza dell’ingresso storico.

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prospetti | sezioni
Il ritmo degli elementi strutturali di facciata sarà utilizzato per scandire il prospetto rivolto verso la nuova piazza e sarà caratterizzato dalla smaterializzazione dei tamponamenti per lasciare il posto a grandi vetrate, ben suddivise geometricamente da intelaiature bianche. L’intento è quello di portare l’attenzione sullo scheletro strutturale, enfatizzando il disegno del volume del costruito. Una scelta stilistica che richiama volutamente certa architettura industriale e che potrà offrire alla piazza uno sfondo “familiare”, affatto algido o rarefatto. Ad ammorbidire la facciata sono previsti 28 interventi di verde verticale, ai quali corrispondono altrettanti “tappeti” d’erba che, legandosi tra loro, diffondono anche alla piazza l’idea di “campo” e restituiscono all’intera struttura un’ideale radicamento nel terreno della città.La costruzione della piazza, ricavata tra il prospetto ovest e il campo di allenamento riservato alla squadra della Primavera, restituirà alla città uno spazio pubblico di oltre 3000 mq e l’elemento forse più caratterizzante del suo disegno sarà dato dalla pavimentazione, progettata ricalcando le geometrie delle cuciture dei palloni da calcio usati dal Grande Torino: un richiamo ad un’idea forse meno hi-tech e più popolare del calcio, ma certamente più concreta, materica e, soprattutto, pervasa da un alto senso sociale.
Così come richiesto e secondo ciò che già si è evidenziato nelle prima righe di descrizione del progetto, verranno mantenuti la colonna storica ed il portone, che tuttavia permarrà con un’esclusiva funzione scultorea: un “invito ad entrare”. All’interno dello stadio, il settore ovest accoglierà nuovamente una tribuna coperta e numerata, che ospiterà 2000 seggiolini realizzati in legno su disegno e camminamenti rivestiti in deck. All’interno della tribuna, invece, verranno collocate, al piano terra, la sede del Torino Calcio, la sala stampa Uefa, il Museo del Toro, il Toro store – accessibile dal museo e dall’esterno – e, al primo piano, la sede della Fondazione Filadelfia, le postazioni media ed un punto di ristoro/bar accessibile dalla gradinata. Il piano interrato, infine, ospiterà gli spogliatoi, con i relativi ambienti di servizio, la mixed zone, le infermerie ed avrà un accesso privilegiato ai parcheggi interrati ricavati sotto piazza (40 posti auto, 2 posti bus – così come richiesto dal bando). I prospetti su via Filadelfia e via Spano racchiuderanno le nuove gradinate da 600 posti costruite in adiacenza alle curve ripristinate. Anche su questi prospetti verrà mantenuta la scansione che esalta lo scheletro strutturale e l’uso mattone a vista si affermerà come l’elemento materico che da carattere alla facciata. Il corpo sud ospiterà le Foresterie, due accessi alle gradinate e le biglietterie, che troveranno anche posto nel corpo nord, insieme ad altri due accessi e alle sedi delle associazioni. Il corpo est, infine, farà da cornice a dieci nuove unità commerciali, scandite dalla presenza di tre accessi verso la le aree spettatori. La gradinata est sarà caratterizzata dalla presenza di un declivio in erba, che raccorderà lo spazio riservato ai posti a sedere con il piano del campo di gioco e troverà ideale specchio nei due grandi raccordi, anch’essi erbosi, che uniranno la gradinata alle due curve; la scelta di dare vita ad un soluzione inusuale come questa è stata dettata ancora una volta dalla necessità di muoversi dal passato verso il futuro. Il Filadelfia è da molti ricordato come un campo “all’inglese” nel quale la distanza tra il pubblico ed i giocatori era ridotta al minimo e si è quindi ritenuto importante coltivare quella suggestione, pur dovendo fare i conti con le moderne regolamentazioni sulla sicurezza. Non potendo avanzare il pubblico, si è deciso quindi deciso di ampliare il campo, facendolo avanzare e salire verso il pubblico, portando figurativamente il dodicesimo giocatore direttamente sul manto erboso.


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