Da qualche tempo nel fine settimana, come oggi, questo portone è spalancato.
Perché deve essere una vergogna da esibire e non da nascondere, perché la gente sappia, ne parli, capisca, provi l'emozione di camminare su quest'erba, di respirare l'aria che qui dentro si è respirato per settant'anni. E perché no, anche in modo che i ragazzi del quartiere possano tirare quattro calci ad un pallone in questo luogo magico.
Questo era il Campo Filadelfia.
Per quarant'anni è stato lo stadio ufficiale del Torino, la tana del Mito.
Per altri trenta è stata la sede degli allenamenti della prima squadra, la fucina dei giovani e la culla dell'idea di Toro.
Ora è questo.
E lo è diventato grazie a molti personaggi, anche se le responsabilità sono sicuramente da distribuire in modo non equo.
Novelli certo, ma anche potentati economici, ex sindaci e sindaci attuali, assessori, indegni presidenti granata e infine, sicuramente e purtroppo, i tifosi stessi del Toro.
Ora è questo ma non sarebbe soltanto questo, se non fosse grazie a un pugno di pazzi che negli ultimi mesi si sono graffiati per l'ennesima volta, cercando di strappare quel che resta del cemento ai rovi e alle erbacce. Ma soprattutto, per provare a ridare alla gente granata ciò che per diritto ancestrale le appartiene.
La propria Casa. Il luogo dove incontrarsi, parlarsi, confrontarsi, stare insieme e, soprattutto, tramandarsi.
Per far sì che per un giorno ancora, rinasca nel cuore di un bambino che sventola una bandiera granata, quel forte senso di appartenenza che, da troppi anni, molticercano di smontare, pezzettino per pezzettino, giorno dopo giorno, con la meticolosità che solo la goccia può scavare nella roccia.
Ma ci sono rocce e rocce.
E noi nonostante tutto, ci proviamo ogni giorno ad essere granito.
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by Pier - 10 Giugno 2009
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