Repubblica — pagina 1
Sullo stadio Filadelfia, campo di gloria del Grande Torino, vi è attualmente una sola certezza: quei ruderi, quei moncherini di curve e di tribuna, quei rovi e quelle sterpaglie che offendono brutalmente, con violenza, anche il ricordo dell' ex prato verdissimo calpestato da Adolfo Baloncieri e da Mazzola, da Pino Maina e da Gatto Magico Olivieri, dal Vecio Bearzot e da Pecos Bill Virgili. Il resto pare essere solo inganno e illusione bruciata, alla luce delle ultime notizie che danno per abbastanza probabile l' abbandono del progetto di fare risorgere, sia pure non proprio nel luogo di un tempo, il Campo Torino. Così, dopo avere comprato i sacri mattoni dello stadio abbattuto, dopo avere sottoscritto l' appello di «Tuttosport» (centomila firme, non sono uno scherzo), e dopo avere creduto alle promesse di Cimminelli, il popolo granata sta per andare incontro all' ultima beffa. Perché in questo modo suonano le parole del patron: «Se proprio i tifosi lo vogliono, se lo costruiscano loro». Si dirà che Cimminelli ha pronunciato queste parole dopo lo stop imposto da Silvio Viale in consiglio comunale. Si dirà, appunto. Ma ormai, a detta della stessa società del Torino, l' ipotesi di coabitare con la Rubentus al Delle Alpi prende sempre più corpo. E il «Fila»? E le memorie? E la casa dei padri granata? Magari lì, dove Mazzola si rimboccava le maniche e dove volava Valerio Bacigalupo, sorgerà un bell' albergo o un grande posteggio. Li potrebbero chiamare, perché no, Grande Torino. O magari Hotel e Parking delle Meraviglie, in omaggio al trio BaloncieriLibonattiRossetti. Forse gli emendamenti di Viale, sotto sotto, sono serviti per tagliare la testa al toro. O comunque hanno fatto riflettere il Torino Calcio: perché - si sarà pensato - rischiare tempo e denaro per uno stadio che da un lato non è sicuro che si possa fare (sebbene la Sala Rossa, Viale a parte, assicuri che ci sarà il via libera), mentre dall' altro non è detto che si riveli un buon business? Non è meglio, allora, prendersi il Delle Alpi e destinare i luoghi sacri ad altri profittevoli investimenti? Non sappiamo se il Torino abbia ragionato in questa maniera. Qui si fanno delle ipotesi, peraltro sulla base di quanto dichiarato da Cimminelli. Ma ci pare incredibile che il patron del Toro, sia pure arrabbiato o che cosa, possa dire ai tifosi più passionali e nostalgici d' Italia che, se rivogliono il loro stadio, se lo facciano da soli. Non ci sono soltanto i soldi o la plastica, a questo mondo. C' è anche qualcosa che ha a che fare con il cuore, la memoria, la storia, la decenza.
MASSIMO NOVELLI
Sullo stadio Filadelfia, campo di gloria del Grande Torino, vi è attualmente una sola certezza: quei ruderi, quei moncherini di curve e di tribuna, quei rovi e quelle sterpaglie che offendono brutalmente, con violenza, anche il ricordo dell' ex prato verdissimo calpestato da Adolfo Baloncieri e da Mazzola, da Pino Maina e da Gatto Magico Olivieri, dal Vecio Bearzot e da Pecos Bill Virgili. Il resto pare essere solo inganno e illusione bruciata, alla luce delle ultime notizie che danno per abbastanza probabile l' abbandono del progetto di fare risorgere, sia pure non proprio nel luogo di un tempo, il Campo Torino. Così, dopo avere comprato i sacri mattoni dello stadio abbattuto, dopo avere sottoscritto l' appello di «Tuttosport» (centomila firme, non sono uno scherzo), e dopo avere creduto alle promesse di Cimminelli, il popolo granata sta per andare incontro all' ultima beffa. Perché in questo modo suonano le parole del patron: «Se proprio i tifosi lo vogliono, se lo costruiscano loro». Si dirà che Cimminelli ha pronunciato queste parole dopo lo stop imposto da Silvio Viale in consiglio comunale. Si dirà, appunto. Ma ormai, a detta della stessa società del Torino, l' ipotesi di coabitare con la Rubentus al Delle Alpi prende sempre più corpo. E il «Fila»? E le memorie? E la casa dei padri granata? Magari lì, dove Mazzola si rimboccava le maniche e dove volava Valerio Bacigalupo, sorgerà un bell' albergo o un grande posteggio. Li potrebbero chiamare, perché no, Grande Torino. O magari Hotel e Parking delle Meraviglie, in omaggio al trio BaloncieriLibonattiRossetti. Forse gli emendamenti di Viale, sotto sotto, sono serviti per tagliare la testa al toro. O comunque hanno fatto riflettere il Torino Calcio: perché - si sarà pensato - rischiare tempo e denaro per uno stadio che da un lato non è sicuro che si possa fare (sebbene la Sala Rossa, Viale a parte, assicuri che ci sarà il via libera), mentre dall' altro non è detto che si riveli un buon business? Non è meglio, allora, prendersi il Delle Alpi e destinare i luoghi sacri ad altri profittevoli investimenti? Non sappiamo se il Torino abbia ragionato in questa maniera. Qui si fanno delle ipotesi, peraltro sulla base di quanto dichiarato da Cimminelli. Ma ci pare incredibile che il patron del Toro, sia pure arrabbiato o che cosa, possa dire ai tifosi più passionali e nostalgici d' Italia che, se rivogliono il loro stadio, se lo facciano da soli. Non ci sono soltanto i soldi o la plastica, a questo mondo. C' è anche qualcosa che ha a che fare con il cuore, la memoria, la storia, la decenza.
MASSIMO NOVELLI
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