Repubblica — pagina 2
Per molti è l' uomo delle ruspe, quindi l' «assassino» di un sogno. Colui che ordinando di abbattere il Filadelfia nel 1997, invece di farlo morire per permettergli di rinascere in una sorta di eutanasia positiva, lo fece morire e basta. La vera casa del Grande Torino resterà un ammasso di mattoni ricchi di storia, e gli accusatori di Diego Novelli - presidente della Fondazione che prende il nome dallo stadio diventato un rudere - vedono in lui l' architetto e il principale artefice di una beffa tutta granata. Novelli, si sente in colpa? «No, perché il Filadelfia si farà». Come, scusi? «Non sarà un impianto di trentamila posti, visto che non esistono le condizioni per una capienza del genere, ma comunque verrà costruito uno stadio per quattromila persone. Oltre a quello, anche il museo storico, la sede del Torino e la casa dei tifosi con attività commerciali annesse. Insomma, sarà seguito il progetto iniziale della Fondazione». E se Francesco Cimminelli non vorrà? «Come da contratto, la Fondazione gli restituirà i soldi ricevuti per la cessione dei terreni e farà quello che si era deciso in passato». Allora non si sente proprio in colpa? «Ho già detto di no. Il vecchio Filadelfia fu abbattuto perché stava crollando, e non perché fui travolto da un raptus da Attila. Esistevano precisi problemi di sicurezza, per esempio. Mi furono recapitate cinque diffide nel giro di un mese: cosa dovevo fare, andare in galera? E poi senza abbattere quello vecchio, non si poteva ricostruire. Una cosa, comunque, è certa». Quale? «Si fa in fretta a dire stupidaggini. Se a prendersela con me è gente come il direttore di Fegato Granata Manlio Collino, non ci faccio caso. Lui è bravo solo ad andare in giro con la sua mantellina colorata, fa parte del folklore». AI tifosi cosa si sente di dire? «Che il Filadelfia, comunque, si farà».
ALESSANDRO ALCIATO
Per molti è l' uomo delle ruspe, quindi l' «assassino» di un sogno. Colui che ordinando di abbattere il Filadelfia nel 1997, invece di farlo morire per permettergli di rinascere in una sorta di eutanasia positiva, lo fece morire e basta. La vera casa del Grande Torino resterà un ammasso di mattoni ricchi di storia, e gli accusatori di Diego Novelli - presidente della Fondazione che prende il nome dallo stadio diventato un rudere - vedono in lui l' architetto e il principale artefice di una beffa tutta granata. Novelli, si sente in colpa? «No, perché il Filadelfia si farà». Come, scusi? «Non sarà un impianto di trentamila posti, visto che non esistono le condizioni per una capienza del genere, ma comunque verrà costruito uno stadio per quattromila persone. Oltre a quello, anche il museo storico, la sede del Torino e la casa dei tifosi con attività commerciali annesse. Insomma, sarà seguito il progetto iniziale della Fondazione». E se Francesco Cimminelli non vorrà? «Come da contratto, la Fondazione gli restituirà i soldi ricevuti per la cessione dei terreni e farà quello che si era deciso in passato». Allora non si sente proprio in colpa? «Ho già detto di no. Il vecchio Filadelfia fu abbattuto perché stava crollando, e non perché fui travolto da un raptus da Attila. Esistevano precisi problemi di sicurezza, per esempio. Mi furono recapitate cinque diffide nel giro di un mese: cosa dovevo fare, andare in galera? E poi senza abbattere quello vecchio, non si poteva ricostruire. Una cosa, comunque, è certa». Quale? «Si fa in fretta a dire stupidaggini. Se a prendersela con me è gente come il direttore di Fegato Granata Manlio Collino, non ci faccio caso. Lui è bravo solo ad andare in giro con la sua mantellina colorata, fa parte del folklore». AI tifosi cosa si sente di dire? «Che il Filadelfia, comunque, si farà».
ALESSANDRO ALCIATO
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