TORO IL PATRON FESTEGGIA LE 100 VITTORIE CON UN REGALO
CAIRO «Presto vedrò Fassino: il Filadelfia deve spiccare il volo E sull’Olimpico non vorrà trattarci diversamente dai bianconeri»
ALBERTO MANASSERO
PRESIDENTE Cairo, a Verona la sua 100ª vittoria. La più memorabile?
«Torino-Mantova 3-1, non c’è scelta. La più esaltante, anche la più bella: in rimonta dopo il ko dell’andata, davanti a 60mila tifosi, la promozione in A a 9 mesi dal fallimento e dalla rinascita. Straordinaria, indimenticabile, mi vengono ancora i brividi. Tuttavia, devo anche dire che quasi quasi quel successo mi ha danneggiato. Mi ha fatto credere di saper fare calcio. Guarda caso, ci pensavo proprio stamane (ieri mattina, ndr) mentre mi facevo la barba: nelle mie attività ho fatto alcune cose importanti sempre mantenendo i piedi per terra, il calcio invece ti fa volare... E’ stata la prima volta in cui mi sono creduto più di quanto in realtà non fossi».
La più sofferta?
«Roma-Torino, con gol di Muzzi e salvezza. Tre punti molto difficili, una sofferenza lunghissima con rete in avvio, assalto giallorosso, due pali...».
La vittoria più importante?
«Ancora il primo anno, ancora sul Mantova ma nel ritorno del campionato: era un momento difficile, con 3 sconfitte, 7 pareggi e un solo successo in 11 giornate. Riprendemmo il volo, da quel 2-0 infilammo nove vittorie in 10 partite. Se vogliamo, altro colpo di questo tipo fu quello sul Grosseto col ritorno in panchina di Colantuono».
La più brutta?
«Non ho dubbi: 1-0 a Gallipoli».
E’ appena entrato nel 7° anno di presidenza: per i matrimoni è quello della crisi, per Cairo e il Toro pare il contrario. Sarà l’anno del ricominciamo?
«Siamo in una fase molto positiva, nel quale arrivano risultati legati alle scelte fatte e al lavoro svolto da tutti. C’è un buon gruppo, che segue con disciplina ed entusiasmo Ventura. In questo Toro vedi l’impronta di gioco, vedi l’insieme che sopperisce alle assenze, vedi la squadra. Io però non mi esalto più. Gioisco, ma ho qualche ferita, qualche cicatrice anche nell’anima che mi hanno insegnato e mi ricordano cos’è il calcio. Che è veramente fatto di una chimica molto sottile, tutto va perennemente riconfermato. Ho però sostegni importanti, come certe immagini che ti dicono tanto, persino più delle vittorie. L’ultima: a Verona, a 10’ dalla fine abbiamo perso palla, ebbene immediatamente due o tre dei nostri si sono lanciati per rimediare, quasi famelici. Una roba fantastica, da squadra vera, da gruppo. Poi, ribadisco, siamo appena alla 9ª giornata...».
E si può migliorare?
«Si deve. Lo dice Ventura che siamo al 70%, il cento per cento va raggiunto. Tutto resta ancora da fare».
Con i tifosi è comunque in atto un ricominciamo.
«Io penso che i tifosi, anche chi mi contesta, aspettino solo il momento di poter ritrovare un certo rapporto pure con me».
Una cosa che non rifarebbe?
«Più di una... Non darei magari troppa importanza a quello che pensavo di poter fare io per la squadra. In effetti avrei dovuto ascoltare prima i vostri suggerimenti e costruire subito una struttura: non averlo fatto è stato un fattore negativo che rimpiango».
E’ il momento più felice della sua avventura granata?
«Questo è un periodo in cui vivo con una certa serenità. Mi sento ben rappresentato dalle persone che ho scelto, ho fiducia in loro, a cominciare da Ventura, da Comi, Petrachi, Ferri. Senza dimenticare i giocatori. Sento di avere uomini che fanno bene la loro parte».
Le prossime 100 vittorie bisognerebbe...
«...Farle in tempi un po’ più ristretti, eh... Battute a parte, pensiamo ai prossimi sei mesi, sono fondamentali. Dobbiamo proseguire sulla strada intrapresa, passo dopo passo, continuare a poggiare mattone su mattone. Vale per la squadra, vale per me, per noi: dagli osservatori al vivaio; dal grande lavoro che c’è da fare nella città agli stadi. Il Filadelfia adesso deve partire, tutto è ormai pronto, diamo un’accelerata. Non accontentarci, è l’imperativo: se non continui, non vai avanti, tutto è fine a se stesso, non serve a niente».
La rete osservatori langue.
«Abbiamo preso Cavallo, presto arriveranno gli altri e completeremo la struttura per renderla operativa e collegata al vivaio e alla prima squadra».
Il Fila?
«Deve spiccare il volo e vi dico che vorrei dare un contributo maggiore di quanto previsto quale parte della Fondazione».
Uhm... Soldi... Una notizia...
«Sto provando a vedere cosa posso fare per dare una mano in più, non dico altro».
Concretamente esiste la possibilità che il Toro faccia uno stadio tutto suo?
«Lo stadio del Torino è, di fatto, l’Olimpico. Non posso pensare che la città possa avere un 4° stadio... Il problema è che l’Olimpico ha delle qualità innegabili, però nell’ottica di un impianto polifunzionale ha difetti importanti: è molto carente come stadio di proprietà. La priorità è il Filadelfia, presto però mi incontrerò col sindaco per stabilire cosa fare e come anche sull’Olimpico. Già ho sentito l’assessore Gallo. Non precorriamo i tempi, ma perché non pensare che ci sia la volontà di dare al Torino un trattamento equiparato a quello della Juventus? Magari c’è. Quando avevo parlato con Fassino l’avevo trovato molto disponibile, quindi mi auguro si possa lavorare in tal senso».
Fila, stadio: i tifosi sognano.
«Non corriamo, ma la volontà, come ho detto, è di non accontentarci, è di continuare a costruire ».
Dicono che la Fiorentina pensi a Iori per gennaio.
«Non esiste, Iori è un pilastro di questo Toro. E non è tempo di mercato. Piuttosto, lasciatemi dire due parole sulla terribile tragedia di domenica sera. Ci ha sconvolti, siamo addolorati ma ci sentiamo inermi, purtroppo non possiamo fare nulla benché vorremmo tanto, al di là del minuto di silenzio, poter fare qualcosa e qualcosa faremo».
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