L’ottimismo dei politici stride con alcune incongruenze
Lunedì dal notaio per la Fondazione: ma qualcosa non torna
Due presunte anomalie: una legata al numero di membri del CdA e l’altra al riconoscimento giuridico. C’è il rischio di uno stop
STEFANO LANZO ALBERTO MANASSERO
TORINO. Tutti quanti si fanno belli, specie tra i politici - in Italia, si sa, c’è sempre un’elezione da qualche parte - sulle macerie del Filadelfia. Ed è facile abbellirsi se lo sfondo è quello sfascio. Quella discarica a cielo aperto, quello sfregio al volto della cultura, del buonsenso e delle Belle Arti (ricordiamo che su quel monumento c’era il vincolo, sparito dalla sera alla mattina all’atto dell’abbattimento giacché restaurare «il Filadelfia sarebbe stato come voler conservare una nonna e trasformarla in Alba Parietti... », come disse l’architetto Biancolini, funzionario della Sovrintendenza, l’1 settembre 2003 dì in cui presentarono il progetto dell’Olimpico... Ragionamento - proprio da Belle Arti - in base al quale si potrebbe radere al suolo pressoché tutto, dal Colosseo alle piramidi). Si fanno belli più che altro con promesse, parole, denunce che durano quanto i giornali, dalla sera alla mattina o viceversa. Negli ultimi tempi, va anche riconosciuto, qualcosa di concreto è stato fatto: sotto l’assessorato di Giuseppe Sbriglio, il Comune è riuscito a togliere le ipoteche, il più pesante impedimento alla ricostruzione. Ma ora temiamo che si sia tornati alla solita solfa del nulla rivestito di niente ma spacciato per tutto.
LEGGE CAMBIATA
Lunedì dal notaio per la Fondazione: ma qualcosa non torna
Due presunte anomalie: una legata al numero di membri del CdA e l’altra al riconoscimento giuridico. C’è il rischio di uno stop
STEFANO LANZO ALBERTO MANASSERO
TORINO. Tutti quanti si fanno belli, specie tra i politici - in Italia, si sa, c’è sempre un’elezione da qualche parte - sulle macerie del Filadelfia. Ed è facile abbellirsi se lo sfondo è quello sfascio. Quella discarica a cielo aperto, quello sfregio al volto della cultura, del buonsenso e delle Belle Arti (ricordiamo che su quel monumento c’era il vincolo, sparito dalla sera alla mattina all’atto dell’abbattimento giacché restaurare «il Filadelfia sarebbe stato come voler conservare una nonna e trasformarla in Alba Parietti... », come disse l’architetto Biancolini, funzionario della Sovrintendenza, l’1 settembre 2003 dì in cui presentarono il progetto dell’Olimpico... Ragionamento - proprio da Belle Arti - in base al quale si potrebbe radere al suolo pressoché tutto, dal Colosseo alle piramidi). Si fanno belli più che altro con promesse, parole, denunce che durano quanto i giornali, dalla sera alla mattina o viceversa. Negli ultimi tempi, va anche riconosciuto, qualcosa di concreto è stato fatto: sotto l’assessorato di Giuseppe Sbriglio, il Comune è riuscito a togliere le ipoteche, il più pesante impedimento alla ricostruzione. Ma ora temiamo che si sia tornati alla solita solfa del nulla rivestito di niente ma spacciato per tutto.
LEGGE CAMBIATA
Per carità, la scelta di costituire una Fondazione che aggreghi tutte le componenti che hanno a cuore la ricostruzione o hanno interessi legati a essa è lodevole. Per carità, i passi burocratici vanno rispettati e così i relativi tempi. Per carità, la gatta frettolosa fa i gattini ciechi. Però, proprio il rispetto delle norme burocratiche, la necessità di essere inattaccabili sul piano legislativo in modo da non sprecare di nuovo tutto, insomma l’assoluto bisogno che ogni cosa venga svolta con la massima cura e nei modi leciti e giusti, ci inoculano il sospetto che sul cadavere polverizzato del Filadelfia sia ricominciato il macabro balletto degli interessi personali e/o di partito e/o di schieramento e/o delle dilazioni per mancanza di volontà, di soldi, di affari. Perché? Perché da quanto ci risulta, e malgrado i sorrisi a trentadue denti con i quali ci annunciano che ogni cosa procede spedita verso la ricostruzione, la Fondazione rischia di partire restando ferma al palo. Il problema è normativo. Lo statuto della Fondazione approvato nel 2008 come allegato di una delibera comunale è in conflitto palese con quanto prevede la legge sulla costituzione delle fondazioni, che è stata modificata nel 2010. Non è colpa di nessuno se lo statuto, antecedente, non rispetta i canoni richiesti, che sono venuti dopo: ma perché non è stato modificato così da adeguarlo?
LE MODIFICHE
LE MODIFICHE
Dunque: la Legge del 2010, all’articolo 6 comma 5, impone che i membri del CdA delle Fondazioni debbano essere al massimo 5. Il che cozza con quanto stabilito dallo Statuto, il quale prevede all’articolo 10 comma 1 che «il Consiglio di Amministrazione della Fondazione è composto da un minimo di 9 a un massimo di 13 membri, su determinazione del numero da parte del Collegio dei Fondatori ». Non è un cavillo, una bazzecola, dato che poche righe sotto, sempre la Legge del 2010 recita che «la mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli». La Fondazione - il cui Statuto si allontana dalla Legge anche in altri passi non può nascere o nasce morta, nel senso che nessun atto può fare visto che ogni suo atto sarebbe nullo. La domanda che sorge non è retorica: Sbriglio, qualche settimana fa, ha fatto approvare dal Consiglio Comunale la modifica dello Statuto per allungare i tempi disponibili per reperire i fondi da 12 a 18 mesi. Perché non si è provveduto anche ad approvare le modifiche necessarie ad adeguarsi alla Legge? Modifiche ben più sostanziali, anzi vitali. Inoltre, tra i requisiti affinché la Fondazione ottenga il riconoscimento giuridico «occorre produrre una certificazione bancaria attestante una disponibilità economica che consenta il perseguimento dello scopo statutario (...) individuata (...) in euro 77.468,53 per le Fondazioni». Questi soldi ci sono? Chi li mette? Ricordiamo che senza il riconoscimento di personalità giuridica la Fondazione non può operare: è come se non esistesse. E men che meno può riceve fondi dalle fondazioni bancarie e da Enti pubblici. Ordunque, si sta lanciando il Filadelfia e la sua Fondazione a tutta velocità contro un muro? E perché? Fonti non ufficiali del Comune sottilizzano, sostenendo che non è necessaria la modifica dello statuto, basta aggiustare le cose al momento dell’atto costitutivo davanti al notaio previsto per lunedì. L’opposto di quanto dicono in Regione. Boh... Certo è che il Registro Regionale che dà l’ok, se posto dinanzi a trasgressioni di Legge o a difformità normative, non potrà che stoppare la Fondazione. Avvertiamo fin d’ora che non sarà possibile lo scaricabarile, sempre molto utile in politica e più ancora in campagna elettorale giacché nessuno potrà dire che non vi abbiamo avvertito.
http://rassegnastampa.comune.torino.it/rassegna/imgrs.asp?numart=YGFAV&annart=2011&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B6FHI&video=0
http://rassegnastampa.comune.torino.it/rassegna/imgrs.asp?numart=YGFAV&annart=2011&numpag=1&tipcod=0&tipimm=1&defimm=0&tipnav=1&isjpg=S&small=N&usekey=B6FHI&video=0
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