Vedi:
http://purple66.blogspot.com/2010/11/08111976-08112010ciao-giorgio.html
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Tratto dal forum ForzaToro
http://www.forzatoro.net/forum/index.php?/topic/16525-un-intervista-possibile-il-capitano/
un' intervista possibile (IL CAPITANO) GIORGIO FERRINI FOR EVER
by CIENFUEGOS
L’ 8 novembre 1976 moriva Giorgio Ferrini, bandiera indimenticata E CAPITANO del Torino.
Provo a immaginare un’ intervista a Giorgio Ferrini.
Lo faccio pensando che chi fa qualcosa d’ importante, raggiunge un po’ di immortalità, perché ciò che ha fatto rimane, e Giorgio Ferrini vive nei nostri cuori.
Ciao Giorgio, è passato molto tempo , com’è cambiato il calcio?
-ai nostri tempi era tutto pià umano, meno tatticismi, meno soldi, più attaccamento alla maglia, più semplicità.
Attaccamento alla maglia…?
- si...quando arrivai al Torino ero un ragazzino ma imparai subito a capire che al filadelfia aleggiava il mito. Feci una stagione al Varese, ma la mia gioia più grande fu quando tornai a casa.
Già.. a casa …. Cosa ha rappresentato per te il Filadelfia?
-era una seconda casa. Si respirava l’ aria che avevano respirato Mazzola e Rigamonti ma anche Bearzot e Bodoira. I muri trasudavano rispetto per la storia e l’ erba profumava di campioni
Ora il Fila non c’è più…
-Un insulto alla città e alla società Torino calcio, i tifosi non avrebbero dovuto permettere questa vergogna.
Cos’ era per te il derby?
(sorride) …beh è facile accostare Giorgio Ferrini ai calci sferratia Sivori e compagni… per noi il derby era fumo negli occhi. Potevamo perdere con Brescia o Samp e ce ne rammaricavamo. Ma il derby era qualcosa che ci trasformava e tirava fuori tutta la nostra rabbia.
La nazionale?
- tutti ricordano la famosa battaglia col Cile, dove fui espulso dopo 6 minuti per la mia irruenza. Le ingiustizie non le ho mai digerite e nemmeno la prepotenza.. Dovette arrivare la polizia per farmi uscire dal campo…
ma tutte le mie 7 presenze con la maglia azzurra furono qualcosa di indimenticabile
hai un carattere abbastanza mite
-si, nella vita reale, ma in campo mi trasformavo, sono un friulano , noi triestini siamo teste dure , spesso con un carattere di ferro. E poi è la maglia il granata, che ti trasforma.
La tua più grande delusione calcistica?
- non essere stato della rosa dello scudetto, avevo smesso da poco, ma fu ugualmente una grande gioia averlo visto. Era un po’ anche mio, quello scudetto!
La tua più grande gioia?
-La vittoria nell’ europeo del 68. E aver indossato per una vita la maglia granata: la maglia più bella del mondo.
Grazie Giorgio, sempre nei nostri cuori, un messaggio ai tifosi del toro.
Non mollate, non molliamo. Un saluto affettuoso a tutti i tifosi granata, forza Toro per sempre.
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Cresciuto nelle giovanili del Torino, dopo una stagione in prestito al Varese in Serie C, esordì con la maglia granata il 20 settembre 1959 in Sambenedettese-Torino (0-0), giocando da titolare la stagione in Serie B terminata con la promozione.
Debuttò quindi la stagione successiva in Serie A, il 25 settembre 1960 in Torino-Sampdoria (0-1). Trascorse in granata sedici stagioni, diventando il giocatore con più presenze nella massima divisione, 405 con 39 gol realizzati, ed in assoluto, 566 tra campionati, Coppa Italia e coppe europee, con 56 gol in totale. Vinse solo due Coppe Italia, l'edizione 1967-1968 e la 1970-1971.
L'ultima gara giocata fu Napoli-Torino (1-0) del 22 giugno 1975, ultima gara del girone della Coppa Italia 1974-1975.
Morì a 37 anni l'8 novembre 1976 per un aneurisma, pochi mesi dopo il suo ritiro, mentre ricopriva il ruolo di allenatore in seconda di Luigi Radice nella stagione in cui i granata tornarono a cucirsi lo scudetto sul petto.
Nazionale
Con la Nazionale esordì il 13 maggio 1962 in Belgio-Italia (1-3), alla vigilia del Mondiale in Cile. Durante questa competizione fu protagonista con Mario David della sfida con i padroni di casa del Cile, ricordata come la "Battaglia di Santiago".
In quella partita dopo sette minuti di gioco venne espulso dall'arbitro inglese Ken Aston per un violento fallo nei confronti del cileno Honorino Landa. Si rifiutò di lasciare il terreno e continuò a giocare fin tanto che non intervenne la polizia a portarlo fuori campo.
A differenza di molti protagonisti di quel Mondiale, tornò a giocare in Nazionale e la sua ultima gara fu la prima delle due sfide della finale del Campionato europeo di calcio del 1968 contro la Jugoslavia, giocata l'8 giugno 1968.
Giocò in totale 7 gare con la maglia Azzurra.
Ha fatto parte della rappresentativa azzurra finita al quarto posto nel torneo olimpico di Roma 1960, disputando 3 partite.
Ferrini, quando il ricordo va oltre la memoria
A 35 anni dalla morte si piange ancora uno dei più importanti Capitani di sempre
Capitani coraggiosi. Giorgio Ferrini non amava epiteti grandiosi, nella sua grande sempicitià si celava il segreto dell'incredibile importanza sul campo e fuori. Trentacinque anni fa, si spegneva colto da un fulminante aneurisma un giocatore che ha fatto la storia del Toro, uno di quei calciatori che non si potranno mai dimenticare. Un calciatore vero, capitano in campo e fuori: la fascia se l'è guadagnata grazie anche all'estrema fedeltà nei confronti del colore granata, con addirittura sedici stagioni (una carriera, se si esclude l'unica parentesi, fondamentale tuttavia, con il Varese nel 58/59) giocate all'ombra della Mole. Allora le bandiere esistevano, e il centrocampista triestino di nascita, torinese d'adozione, lo diventò molto presto.
Con il Toro, Ferrini vinse due volte la Coppa Italia (nel 68 e nel 71); con la Nazionale, inoltre, riuscì ad esultare per l'oro (ancora nel 68) agli Europei. Una carriera scintillante, grazie al Toro. Un Toro scintillante, grazie a Ferrini. Nel '75, dopo aver appeso le scarpe al chiodo, diventò subito il vice di Gigi Radice, in una squadra, forse tra le ultime, che finirà negli annali. Era il Toro dello scudetto, e Ferrini (già leader all'interno dello spogliatoio, nonostante il nuovo incarico) potè vedere lo scudetto cucito sulle maglie granata. Fu l'ultima gioia, prima di quel maledetto 8 novembre. Si piange un campione, ma soprattutto un uomo. Di quelli che proprio non si potranno dimenticare mai.
http://www.toronews.net/?action=article&ID=24891
Tuttosport - 8 Novembre 2011 - pag. 14
IL GRANDE CAPITANO GRANATA CI LASCIAVA TRENTACINQUE ANNI FA
«Giorgio rivive nei nostri nipotini»
La vedova Ferrini: «Che emozione vedere il piccolo Simone esordire nel Toro con il numero 8 del nonno»
«Il fratellino Giorgio ha già 13 anni, è bravo e in campo è così elegante che mi sembra un lord inglese! Tutti e due mi chiedono sempre del nonno»
«Il fratellino Giorgio ha già 13 anni, è bravo e in campo è così elegante che mi sembra un lord inglese! Tutti e due mi chiedono sempre del nonno»
MARCO BONETTO
TORINO. Trentacinque anni fa, l’8 novembre del 1976, moriva Giorgio Ferrini: aveva soltanto 37 anni, fu stroncato da un aneurisma al cervello. Se ne andava per sempre un uomo senza eguali. E non soltanto perché si sta parlando del più importante capitano del Torino dopo la tragedia di Superga, idealmente al fianco di Valentino Mazzola, con il maggior numero di presenze in granata: 548 partite in 16 anni e 53 gol segnati. Un mito. Un esempio, sempre: onestà, correttezza, fedeltà alla maglia, coraggio, generosità, doti tecniche. Nel Toro Ferrini vinse da giocatore due coppe Italia (1968 e 1971), in Nazionale l’Europeo del ’68. Lasciò il calcio giocato nel 1975, ma ovviamente non abbandonò il Torino: vista la sua esperienza e le sue virtù umane e professionali, diventò subito viceallenatore di Radice e a fine stagione ebbe l’enorme soddisfazione di mettere anche lui la firma sullo scudetto, il primo titolo (e per adesso ancora unico) conquistato dal club granata dopo Superga. Ma la grande felicità venne inghiottita pochi mesi dopo.
Signora Ferrini, 35 anni dopo il suo Giorgio è ancora amato e ricordato non solo dai tifosi granata per le sue doti umane, prim’ancora che per i successi.
«A me certe volte non pare nemmeno che sia morto. Mi sembra che sia qui vicino, che prima o poi debba ricomparire... Una sensazione strana».
Lei usò parole simili 13 anni fa, parlando del suo Giorgio. Stessa commozione.
«Perché sono sentimenti senza tempo che niente e nessuno possono ferire, attenuare. Ricordo ancora bene quell’intervista a casa mia, c’erano anche mia figlia Cristiana, mio figlio Amos, mio genero Maurizio. Sono passati altri 13 anni e continuiamo a parlare di mio marito come se fosse ieri quando... Povero Giorgio, quanto tempo... Quanto davvero. E’ la vita. Quella volta aveva già il pancione mia figlia, vero?».
Un bel pancione. Di lì a poco sarebbe nato Giorgio: chiamato così in memoria del nonno mai conosciuto. Giorgio Conti Ferrini: il suo primo nipotino, signora.
«E tre anni dopo nacque il fratellino Simone. Il mio Giorgio, l’uomo della mia vita, è nel mio cuore: lì, dentro di me, e ci proteggiamo, ci parliamo. Ma poi rivedo Giorgio anche nei loro occhi, sui loro visi. Dei miei nipotini voglio dire. Giocano a calcio, sa? Sono bravi».
Giorgio gioca nel Pecetto e Simone nel vivaio del Toro, da quest’anno. Il primo è un centrocampista centrale, il secondo un esterno sinistro. Ci siamo informati...
«Davvero il mio Giorgio vive in loro. E loro mi fanno tante domande sul nonno... Specie quando li accompagno al campo da calcio. O li vado a prendere. In auto chiacchieriamo, chiacchieriamo... Una volta Simone mi ha detto, all’improvviso, lasciandomi di stucco: “Nonna, diventerò bravo come il nonno”. Per un attimo ho provato un brivido. “Simone, piano, ne deve passare di acqua sotto i ponti...”. E lui: “Ma a me piace giocare al calcio come piaceva al nonno. Me l’hai raccontato tu che anche lui aveva sempre in testa il pallone”. Insomma, sapete come sono i bambini. Io poi li vedo tutti uguali sul campo. Per me a quell’età sono tutti bravi, i nostri e gli avversari».
Il Torino ha compiuto un bel gesto per Simone e per la vostra famiglia: gli hanno assegnato la maglia numero 8 in onore e memoria del nonno.
«E la prima volta che l’ho visto con addosso la maglia granata e quel numero ho provato un tuffo al cuore, non credo di dover spiegarvi altro. Giorgio e Simone vogliono sapere tutto del nonno, sono sempre più curiosi, interessati. Simone non voleva passare al Toro, sa?».
E come mai?
«Giocava anche lui nel Pecetto, non lontano da casa, e lì si era fatto tanti amici, stava bene. Ma il Toro lo voleva a tutti i costi, dicono che abbia una stoffa speciale, belle potenzialità. Alla fine si è convinto. E adesso è felicissimo. Simone ha proprio il fisico da calciatore, una certa tempra. Giorgio invece mi pare più un lord inglese, per l’eleganza. Li adoro, per me sono fenomeni tutti e due... La verità è che io di calcio mi intendo poco, seguo poco o nulla. A malapena so chi è l’attuale allenatore del Toro. Ventura, no? Insomma, abbiamo parlato un po’ dei miei nipotini. Facciamo rivivere il mio Giorgio. Era la cosa migliore... proprio ora... per la ricorrenza... parlare dei miei angioletti... E’ la vita che chiama. Non parliamo di cose brutte. Pensiamo a Giorgio con il sorriso, dai».
Sotto le foto:
Giorgio Ferrini capitano granata prima di un Torino-Lazio (LaPresse)
Il nipotino Simone, 10 anni
Il nipotino Giorgio, 13 anni
Un giovane Ferrini tra Lido Vieri e Nereo Rocco (Ghidoni)
Ferrini azzurro tra Pelagalli, Bulgarelli (a sinistra) e Trapattoni (Dufoto)
Giorgio Ferrini, classe ‘39: miscela perfetta di tecnica e carattere (Dufoto)
Ricordo Giorgio Ferrini
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