by Giovanni Bersia Bessone
Questa è la foto del "primo colpo". In campo era radunata una piccola folla di giornalisti e tifosi granata ipnotizzati da Novelli con la promessa della ricostruzione di uno stadio da campionato, a botte di promesse, mostre, plastici e strizzatine d'occhi. C'era anche un lugubre tavolo con spumante dozzinale e salatini, per brindare "all'inizio della ricostruzione", Io, a quel primo colpo, scoppiai a piangere. Accanto a me il costruttore Grignolio, ex Pontefice della Goliardia come me, mi prese in giro: "ma pròpe tì it piore? T' lo sas coma a van 'ste robe..."
Ma la foto mi è preziosa per un altro motivo. E' la prima che vedo dove si nota, sotto il becco della benna, una spaccatura attraverso la quale si intravede il cielo. Me l'aveva detto Carla, la vestale del Fila: "hanno pre-bucato il punto del primo colpo, l'altro ieri". Capito? Per essere sicuri di non fare una figura di merda in diretta Tv, dando il colpo e vedendo il gigante resistere, lo avevano fiaccato come i tori con la picca e le banderillas .
Non potevano correre il rischio di vedere il maglio rimbalzare sulla gradinata, che sapevano piena di ferro. Anche il cemento era ben conservato nel punto scelto per la prima mazzata. Così hanno trapanato prima, hanno fatto "il segno" e hanno anche predisposto un "invito" in terriccio ai cingoli del boia meccanico per guidare la sua scure al punto giusto. Anatomia di un assassinio. :((((
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Marina C.
5.444 giorni fa... "La ruspa slitta, scarta di lato sull' erba malata, si blocca. Silenzio. Solo il sospiro del vento tra i gradoni. La mazza ferrata ondeggia, è appesa ad un braccio meccanico che sembra la bocca del dinosauro, poi si ferma. Sta per cadere, tra poco cadrà. Il vecchio massaggiatore Tardito tira su dal naso, "quanti palloni sono andato a recuperare là sotto, quanti palloni e adesso è finita". Lido Vieri si stropiccia gli occhi. Franco Ossola, quello che non ha mai conosciuto suo padre che era un campione del Grande Torino, dice "avevo solo questo prato per sentire vivo papà, ora ci toglieranno tutto". La mazza ondeggia, sta per cadere sul cemento della gradinata, tra poco cadrà. Comincia la demolizione del Filadelfia chiuso da tre anni, nel giorno della presentazione del nuovo Toro. Poi lo stadio dovrebbe rinascere, forse. Intanto stanno zitti i tifosi. Stanno zitte le autorità. Sta zitta la signora Carla che fa la custode della ruggine, con i suoi sei gatti e il cane lupo addormentato. Stanno zitti anche i camerieri in livrea e farfallino nero, sotto il gazebo: dopo il funerale dello stadio Filadelfia offriranno un drink. Adesso la mazza cade, guarda i cingoli del mostro come ballano sul prato, guarda i girasoli e le ortiche e la gramigna sul campo dei leggendari. E che profumo di cimitero, di foglie putrefatte. "Io lo capisco che il Filadelfia non poteva restare così: ma perchè abbatterlo quasi tutto?". Romantico Franco Ossola che ha passato la vita a rincorrere il fantasma di suo padre, a dargli volto e voce, a cercare la mano di un' impossibile carezza. Anche a lui hanno raccontato che questo non è l' ultimo colpo di piccone ma il primo perche il luogo del mito rinasca. C' è una fondazione, dovrebbero arrivare anche i soldi.Trenta miliardi: un po' dal credito sportivo, dalle attività commerciali, dalla colletta dei tifosi chiamati a comprare il simbolico mattone: centomila lire per una speranza. O un' illusione.Quella di rivedere qui le partite. Ma il Filadelfia non è più di proprietà del Toro, che se proprio deve investire si costruisce il suo impianto e si quota in Borsa. "Oggi siamo solo ospiti, non parliamo" dice infatti il presidente Vidulich. La boccia di ferro traballa nel mattino scintillante, ora scende. Tanta gente la guarda sollevando gli occhi controsole, magari è per questo che sono umidi, chissà. "Io mi ricordo in guerra, cadde una bomba proprio lì, nei distinti. Ebbene, misero le transenne e si continuò a giocare". Ma il vecchio tifoso ha capito che stavolta non si può resistere, tra poco sul prato ci saranno solo macerie e promesse. Qualcuno osserva il plastico piazzato a centrocampo: due tribune coperte, bellino, ma cosa sono quei palazzi bianchi davanti allo stadio? L' albergo, il supermercato, la birreria, ecco cosa sono. Quello che, per i soliti maligni, rappresenta l' autentico motivo dell' operazione immobiliare. "Basta lacrime e sospetti, tutto sarà pronto per il 4 maggio '99, cinquantenario di Superga, i permessi per costruire arriveranno" dice Diego Novelli, presidente della Fondazione Filadelfia. Ma per ora non ci sono. Mentre quel braccio meccanico c' è eccome, tra un attimo il tirannosauro spalancherà le fauci e aprirà la prima ferita nel cuore di pietra, nel luogo dove l' Italia ritrovò la forza di rinascere dopo i tedeschi e i morti, insieme alle pedalate di Coppi e alle corse di Mazzola. Farà un buco largo tre metri quella boccia di ferro tra petardi e applausi, scenderà come la bara nella fossa, qualcuno piangerà prendendo a calci le ortiche. Poi andrà a rivedersi la ruota dell' aereo, l' elica senza una pala, il cortile dove le maglie dei giocatori appese ad asciugare parevano le vele di un galeone sempre pronto a salpare, nella burrasca di qualche sogno. Ma prima andrà a raccogliere un sasso sotto la pancia della ruspa. Il funerale del Filadelfia finisce proprio così, con i parenti del morto che tornano a casa con una pietra in mano. Che ad ognuno resti almeno un ricordo da toccare.
- Maurizio Crosetti - La Repubblica 19/7/1997
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Manlio Collino
A leggere Crosetti e a guardare la foto mi vengono le lacrime agli occhi ancora adesso. Mi sembrò quasi di udire, allora, l'urlo del gigante :(
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