... mi è venuta la voglia di riportare uno dei ricordi che più mi ripeteva mio nonno, lui che contro quella squadra ci giocò una partita in un pomeriggio dei primi anni del dopoguerra.
Si giocava un turno di Coppa Italia, in partita secca, e il calendario prevedeva si giocasse in una cittadina dell'Oltrepò Pavese tra la squadra locale, militante in serie B, e il Torino campione d'Italia in carica.
In questa squadra militava mio nonno, allora poco più di un ragazzo che cercava nel calcio (e in studi da Perito Meccanico condotti con profitto) un modo per guadagnarsi da vivere e dimenticare gli orrori della guerra appena finita (e furono proprio il calcio e quel diploma a portarlo nel 1950, per giocare e lavorare come tecnico di una miniera, in quella Sardegna che sarebbe diventata la sua terra d'adozione e nella quale oggi riposa )
Ma quel giorno la Sardegna e le sue miniere erano lontane, tutto il suo mondo era quel campo da calcio: Il GRANDE TORINO veniva in quel paese abituato alle categorie inferiori.
Nonno lo raccontava spesso, nella squadra locale giocavano tutti ragazzi del paese, gente che arrivava al campo in bicicletta già con la divisa da gioco, con i numeri cuciti da madri e nonne, addosso.
Arrivò il Torino. Sul pulman sociale, un grande pulman con scritto "A.C. TORINO" sulla fiancata.
I giocatori impeccabili in giacca e cravatta con i borsoni di cuoio a tracolla.
Ingresso in campo. Diceva che sembrava un plotone militare in esercitazione per come stavano in riga, con le loro maglie bianche, fascia granata sul petto e scudetto tricolore in vista.
Fischio di inizio: non aveva parole per descrivere il loro modo di giocare...diceva che nei loro movimenti, nel loro correre, nel loro modo di controllare e calciare il pallone, c'era qualcosa di talmente perfetto che non poteva essere umano.
Ma la perfezione assoluta non è di questa terra..dopo pochi minuti una indecisione, un passaggio all'indietro un pò debole di uno degli 11 miti, passa dalle parti del ragazzo dell'Oltrepò pavese, che si mette la pazza idea.."ci provo!" 2 passi e dal suo piede parte una sassata che gonfia la rete all'angolino basso della porta difesa da Bacigalupo, il mitico Bacigalupo, rimasto immobile a fissare la sfrontatezza di quello sconosciuto ragazzo.
è 1-0. Quel ragazzo quasi piange dall'emozione e dall'incredulità, sa che l'indomani comunque andrà a finire la partita, qualcuno al di fuori del suo paese conoscerà il suo nome.
Dopo 2 minuti Valentino Mazzola segnerà il gol del pareggio.
La partita finirà 9-1 per i granata.
Ma decenni dopo, nella sua casa in Sardegna, quel ragazzino ormai vecchio, racconterà con gli occhi lucidi ai nipoti di quando, per 2 indimenticabili minuti, lui fece spaventare gli Dei del Grande Torino.
In questa squadra militava mio nonno, allora poco più di un ragazzo che cercava nel calcio (e in studi da Perito Meccanico condotti con profitto) un modo per guadagnarsi da vivere e dimenticare gli orrori della guerra appena finita (e furono proprio il calcio e quel diploma a portarlo nel 1950, per giocare e lavorare come tecnico di una miniera, in quella Sardegna che sarebbe diventata la sua terra d'adozione e nella quale oggi riposa )
Ma quel giorno la Sardegna e le sue miniere erano lontane, tutto il suo mondo era quel campo da calcio: Il GRANDE TORINO veniva in quel paese abituato alle categorie inferiori.
Nonno lo raccontava spesso, nella squadra locale giocavano tutti ragazzi del paese, gente che arrivava al campo in bicicletta già con la divisa da gioco, con i numeri cuciti da madri e nonne, addosso.
Arrivò il Torino. Sul pulman sociale, un grande pulman con scritto "A.C. TORINO" sulla fiancata.
I giocatori impeccabili in giacca e cravatta con i borsoni di cuoio a tracolla.
Ingresso in campo. Diceva che sembrava un plotone militare in esercitazione per come stavano in riga, con le loro maglie bianche, fascia granata sul petto e scudetto tricolore in vista.
Fischio di inizio: non aveva parole per descrivere il loro modo di giocare...diceva che nei loro movimenti, nel loro correre, nel loro modo di controllare e calciare il pallone, c'era qualcosa di talmente perfetto che non poteva essere umano.
Ma la perfezione assoluta non è di questa terra..dopo pochi minuti una indecisione, un passaggio all'indietro un pò debole di uno degli 11 miti, passa dalle parti del ragazzo dell'Oltrepò pavese, che si mette la pazza idea.."ci provo!" 2 passi e dal suo piede parte una sassata che gonfia la rete all'angolino basso della porta difesa da Bacigalupo, il mitico Bacigalupo, rimasto immobile a fissare la sfrontatezza di quello sconosciuto ragazzo.
è 1-0. Quel ragazzo quasi piange dall'emozione e dall'incredulità, sa che l'indomani comunque andrà a finire la partita, qualcuno al di fuori del suo paese conoscerà il suo nome.
Dopo 2 minuti Valentino Mazzola segnerà il gol del pareggio.
La partita finirà 9-1 per i granata.
Ma decenni dopo, nella sua casa in Sardegna, quel ragazzino ormai vecchio, racconterà con gli occhi lucidi ai nipoti di quando, per 2 indimenticabili minuti, lui fece spaventare gli Dei del Grande Torino.
sab 23 gen 2010, 19:35
ilcapitano4
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